Sedici uomini per la Tessitura Lenot
Lo studio del notaio Torretta era al 6 di via Arsenale, cuore nobile di Torino, tra le piazze San Carlo e Solferino. Sabato 17 febbraio 1906, nella sala che l’avvocato Ernesto Torretta riservava alle migliori occasioni erano presenti, oltre a due testimoni, sedici distinti signori.
Tre di loro erano Magni: l’ing. Franco, il comm. Pietro e suo fratello rag. Carlo. Figure note, tutte legate alla Manifattura di Lane in Borgosesia. Tuttavia, sono gli altri dieci uomini nella stanza ad attirare maggiormente l’attenzione, proprio perché sono assai meno conosciuti, almeno di primo acchito. Ma a ben guardare…
Erano riuniti per la costituzione della Tessitura Lenot. La società anonima avrebbe avuto sede legale a Torino, in corso Vittorio Emanuele 74, e stabilimento produttivo in Borgosesia. Lo scopo del sodalizio era “la tessitura della lana con tintoria ed appretti e le operazioni relative ed affini”. Il lanificio si sarebbe specializzato nella produzione di stoffe da donna (lanerie), ma anche di forniture civili e militari, panni per bandiere, tendine ecc.
I soci costitutori, con una certa cautela, stabilirono che la ditta avrebbe avuto corso fino al 31 dicembre del 1911 e poi si sarebbe valutato se e come procedere. La loro fu una scommessa imprenditoriale vincente, visti i “numeri” dell’azienda nei decenni successivi. I suddetti soci costitutori non potevano sapere che, nel 1930, la sede legale sarebbe stata trasferita a Borgosesia e nemmeno che, nel 1947, la ragione sociale originaria, una società anonima, sarebbe stata modificata in società per azioni con la nuova denominazione Tessitura di Lane in Borgosesia. E non potevano sapere che quella loro impresa sarebbe rimasta attiva per quasi un secolo, arrivando a occupare non pochi dipendenti.
Quei sedici distinti signori sono “fotografati” in quella stanza, elencati in un atto notarile che sanciva la nascita di una nuova realtà produttiva e commerciale valsesiana, costola della più antica e potente Manifattura di Lane in Borgosesia. Allora non resta che osservare meglio quella “fotografia” scorrendo i nomi e i cognomi dei presenti, cercando di dar loro, se non un volto, almeno un profilo, qualche notizia che consenta di (ri)conoscerli.
Il notaio avvocato Ernesto Torretta, stimato professionista, iniziò la lista da colui che avrebbe assunto la paternità della neonata ditta, ossia Louis Lenot. Alsaziano di Sennheim (ossia Cernay, ma nel 1906 l’Alsazia era ancora tedesca), Louis Lenot era nato nel 1869 ed era un tecnico di una certa fama. Come possa essere entrato in contatto con l’ambiente valsesiano non è chiaro, ma le sue referenze erano più che valide. Soprattutto dopo avere brevettato, nel 1902 mentre dirigeva una fabbrica a Lützelhausen (Lutzelhouse), un dispositivo per il controllo della produttività degli operai. All’epoca della costituzione della società risiedeva a Bühl, nel Baden-Württemberg, ma ben presto si sarebbe trasferito a Borgosesia, dove morirà nel 1935. La via Luigi Lenot lo ricorda ai valsesiani.
Il cavalier Antonio Abrate veniva dal mondo del cotone. Era un braidese torinese di adozione che aveva fatto strada e soldi nella manifattura cotoniera. Il suo nome era collegato con il Cotonificio Fratelli Abrate di Bra già nel 1872 e, più ancora, con il Cotonificio Abrate di Torino (poi Bass, Abrate e C.) in esercizio sul canale Ceronda. Il cavalier Abrate era attivo presso la Camera di Commercio ed Arti di Torino, ma era anche uomo di filantropia e di mecenatismo artistico.
Emilio Barbaroux era seduto a quel tavolo per conto della ditta Barbaroux padre e figlio, azienda torinese del ramo serico (con spiccata predilezione per l’organzino). Ma i Barbaroux erano anche banchieri d’affari, con sede in via Ospedale 1.
Pietro Pozzi, figlio di Angelo, rappresentava il Cotonificio Pozzi di Busto Arsizio. L’azienda si stava espandendo e cercava nuove opportunità di investimento.
L’ingegner Scipione Cappa (1857-1910) era un tecnico di valore, specializzato nell’idraulica e, in particolar modo, nel perfezionamento dei contatori ad acqua. Era uomo di fiducia dei Magni e con/per loro fu tra i soci fondatori del Cotonificio Valsesia nel 1906.
Filarete Caccialupi, membro attivo della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino, era prima di tutto un notaio (era partito da Cermenate nel 1879), ma la sua esperienza lo aveva fatto apprezzare come consulente giuridico e fiscale in non pochi sodalizi industriali. Era stato capitano degli Alpini a Pinerolo ed era socio del CAI.
Un altro nome noto dell’imprenditoria piemontese era quello del valdese Enrico Ribet, cotitolare della torinese Charbonier Ribet & C.ie, che operava nel settore del lavaggio delle lane. Giulio Charbonier, anch’egli valdese, non prese parte alla costituzione della Tessitura Lenot ma, in quel 1906, era il presidente della Manifattura di Lane in Borgosesia.
Antonio Kuster (morirà nel1946) era l’omonimo junior rispetto all’Antonio Kuster senior che era stato consigliere della Manifattura di Lane in Borgosesia dal 1886 al 1899. Kuster significava banchieri e affaristi. L’Antonio Kuster portava denaro e/o buoni tassi d’interesse, ragion per cui sedeva nel cda di varie realtà industriali nazionali (soprattutto nel settore metallurgico). La Banca Kuster verrà liquidata a partire dal 1924.
Alessandro Zoja era in relazione con Emilio Barbaroux nella costituzione del Cotonificio Rolla di Collegno. Era un esperto di contabilità con partecipazioni in varie altre aziende italiane. Sarà nel cda del Cotonificio Valsesia alla sua costituzione.
Ernesto Testa era cognato di Franco Magni (aveva sposato sua sorella Linda). Era anche lui tra gli amministratori del Cotonificio Rolla. Sarà un eroe della Grande Guerra. “Il cav. Ernesto Testa, da Moncalvo comandante di un gruppo di alpini, e che era già stato promosso colonnello per merito di guerra, ricevette la sua seconda medaglia d’argento al valore e venne già proposto per una terza”. Così “La Gazzetta del Popolo” del 18 ottobre 1917. Morirà nel 1943. Dei Magni era un fedelissimo. Subentrava al padre, Raimondo, e rimarrà nel cda fino alla fine. Al suo fianco, davanti al notaio Torretta, c’era il fratello Giovanni del quale, però, si perdono le tracce.
C’era anche il direttore della filarmonica della Manifattura di Lane in Borgosesia, Ezio Panizzardi. Un altro alpinista, iscritto al CAI di Varallo. Ma era pure un appassionato di nautica. Anche lui nel Cotonificio Valsesia all’atto costitutivo. Era il collegamento con le istituzioni locali (consigliere del Comune di Borgosesia). Della Manifattura di Lane in Borgosesia (dove lavorò per quarant’anni) era il gerente. Morirà nel 1937 a Lanzo Torinese.
L’ultimo era l’ing. cav. Francesco Rosa. Doveva essere piuttosto giovane all’epoca. Entrerà nel cda della Manifattura di Lane in Borgosesia nel 1917 (prima di lui c’era Giuseppe Rosa, probabilmente il padre) e nel 1950 era ancora vivo e in carica.
La Manifattura di Lane in Borgosesia era a tutti gli effetti l’anima della Tessitura Lenot. Dei tredici fondatori “non Magni”, sette erano già amministratori della grande filatura sesiana. I tre Magni detenevano 280 delle 1200 azioni della società, che nasceva con un capitale di 600 mila lire. Il resto era nelle mani degli altri tredici soci, ma non più di 100 azioni cadauno. Lo stesso Louis Lenot non faceva eccezione, ma questa configurazione era quella concordata e sottoscritta da tutti.
Il notaio Torretta ripose l’atto firmato in una delle sue eleganti cartelline azzurre. I suoi clienti presero congedo. Una stretta di mano, un saluto tra gentiluomini. Era iniziata un’altra avventura industriale.