Il bacino montano del Torrente Cervo, chiuso a Biella prima della confluenza del Torrente Oropa, suo affluente di destra, copre una superficie di circa 100 km2. In questa area il Torrente Cervo scorre in un alveo inciso a tratti nel substrato roccioso e a tratti nei suoi depositi alluvionali grossolani.
Nel tratto più montano i principali affluenti del Torrente Cervo sono: in sinistra il Torrente Mologna, il Rio Chiobbia, il Rio Concabbia e il Rio Rialmosso; in destra il Torrente Pragnetta, il Rio Bele, il Rio Luchiama, più una serie di affluenti minori.
Il tratto di valle compreso tra la confluenza con il Chiobbia e località Vittone di Rosazza è caratterizzato da un fondovalle moderatamente ampio, costituito prevalentemente da depositi alluvionali sciolti, ove il corso d’acqua divaga, spostando l’alveo ordinario di piena in piena.
Il modellamento dell’alveo avviene principalmente quando l’energia disponibile è massima, cioè durante le piene. Vengono rimodellati tracciato e larghezza del letto, posizione delle sponde, isole fluviali, pendenza media e locale del fondo.
Tra Rosazza e San Paolo Cervo la morfologia della valle varia, lasciando maggior spazio al fondovalle per poi restringersi nuovamente. Questo è dovuto alla differenziazione litologica caratteristica di quest’area: in corrispondenza dell’allargamento della valle affiorano i graniti che costituiscono il nucleo del Plutone del Cervo, rocce maggiormente alterabili e facilmente sgretolabili; ad essi si contrappongono le sieniti, rocce più compatte che danno origine a strapiombi e pareti scoscese.
Lungo la rete idrografica secondaria si attivano i processi torrentizi, caratterizzati da un grande potere distruttivo per la rapidità, l’intensità e la difficile prevedibilità con la quale si verificano. Il ripetersi di questi processi deposizionali nel tempo ha dato origine alla caratteristica forma a ventaglio dei conoidi alluvionali.
Diverse sono le notizie storiche dei molti eventi alluvionali che hanno colpito la Valle Cervo.
La segnalazione di dissesto più antica risale al 26 settembre del 1666 quando, a Piedicavallo, la piena del Torrente Cerco distrusse venti case e asportò terreni senza fare vittime.
Confrontando i dati risultanti dall’analisi storica sui dissesti avvenuti nel periodo 1666-2002 e quelli riguardanti l’analisi dei dati pluviometrici relativi al periodo 1925-1941 delle stazioni di Piedicavallo, Campiglia Cervo e Biella, si è evidenziata, da un lato la ripetitività degli eventi alluvionali con una ricorrenza media dei fenomeni di dissesto di circa 8-9 anni, e, dall’altro, l’eccezionalità dell’ultimo evento del giugno 2002.
In base ai dati di precipitazioni annue i mesi maggiormente interessati dagli eventi meteorologici risultano essere maggio, ottobre e novembre. Il mese di maggio è contraddistinto da piogge prolungate ma generalmente di non forte intensità, che danno origine a piene ordinarie contenute nell’alveo. Il periodo autunnale è invece caratterizzato da piogge particolarmente intense, con piene straordinarie dei principali corsi d’acqua ed elevato numero di danni.
In estate sono frequenti eventi meteorici più localizzati, a scala di sottobacino, e contraddistinti da piogge brevi con scrosci particolarmente intensi. Queste piogge possono scatenare processi di instabilità estremamente violenti, causando un elevato numero di danni, come è accaduto nel giugno 2002. Durante questo evento, le piogge hanno innescato numerose frane (shallow landslide) a carico delle coperture dendritico-eluviali superficiali. I materiali fluidificati si sono trasferiti lungo le incisioni ad alimentare processi di trasporto solido lungo la rete idrografica minore. La combinazione tra i processi verificatisi sui versanti e lungo la rete idrografica ha determinato effetti piuttosto gravi lungo il fondovalle.