“E’ da ritenere che la gioventù troverà nell’opera concorde della Scuola Professionale e del lanificio-Scuola il mezzo per acquistare non soltanto le nozioni scientifiche e pratiche di cui abbisogna; ma pur anche l’abitudine alla vita attiva, lo spirito d’intraprendenza, la fermezza del volere, giacché lo stesso ambiente biellese contribuisce alla educazione industriale dei discepoli e li induce al desiderio di quelle lotte che temprano l’anima e che, vinte, procurano agli individui le migliori soddisfazioni, al paese la salda fortuna”.
La pubblicazione, edita nel 1911 in occasione dell’inaugurazione del “Lanificio-Scuola” voluto dall’imprenditore pollonese Felice Piacenza (1843-1938), oltre a raccogliere i discorsi delle autorità e a descrivere lo stabile, le sue finalità e le sue caratteristiche funzionali, si può considerare come un vero manifesto dell’istruzione professionale. Nel capitolo intitolato “Considerazioni didattiche intorno all’indirizzo, ai mezzi ed all’importanza economica delle scuole industriali” si legge: “Era naturale che in un paese in cui l’attività aveva sì lunga tradizione, ove lo spirito di intraprendenza e le attitudini alle operazioni manifatturiere, ai commerci, alle imprese costruttorie, avevano vaste e profonde radici, dovesse sorgere una Scuola Professionale, un istituto in cui la gioventù potesse acquistare le nozioni scientifiche e pratiche rese indispensabili dal progredire delle industrie straniere, dalle rapide e sostanziali innovazioni che le conquiste della intelligenza umana apportano senza tregua ai procedimenti del lavoro”.
Nella stessa sezione è implicitamente riconosciuto quel ritardo di preparazione che ancora affliggeva, malgrado fosse già in funzione la Regia Scuola Professionale avviata da Quintino Sella nel 1869 (e che essendo ancora installata nel complesso dell’ex convento di San Sebastiano costituiva insieme al nuovo “Lanificio-Scuola” e, di lì a due anni, con l’Istituto Commerciale “Eugenio Bona” sorto poco lontano un vero e proprio polo didattico concentrato attorno a piazza La Marmora), i tecnici e gli operatori tessili locali nei confronti delle nazioni di più spiccata vocazione industriale (Francia, Germania, Inghilterra e Svizzera). Riferendosi alle future leve da formarsi nella scuola Piacenza è infatti precisato: “Sebbene dotate delle occorrenti qualità di ingegno e di intraprendenza, molte di tali persone non tardarono ad avvedersi delle deficenze loro, a riconoscere la necessità di una istruzione tecnico-scientifica atta a rendere maggiormente proficua l’opera loro”.
Il salto di qualità offerto dal “Lanificio-Scuola” stava non tanto nella didattica teorica, cui già il Regio Istituto Tecnico “Q. Sella” dava un adeguato risalto, quanto nella possibilità di addestrare i potenziali lavoratori alla pratica delle mansioni che avrebbero svolto nelle aziende. La denominazione stessa voluta da Piacenza dimostrava come egli volesse, secondo una moderna concezione del rapporto istruzione-lavoro, avvicinare la scuola alla fabbrica, esercitando gli alunni in un ambiente analogo a quello della vera industria.
Il “Lanificio-Scuola” rappresentava il “laboratorio” che nel Biellese mancava. “All’ambiente stesso di Biella, in cui pulsa la intensa vita industriale della regione, all’officina ove l’allievo avrebbe poi trovato occupazione, rimaneva affidata quella istruzione sperimentale che la Scuola non poteva provvedere”, così era descritto il delicato passaggio dalla scuola alla fabbrica prima dell’ideazione del “Lanificio-Scuola” che poteva invece contare su aule per le lezioni, ma più ancora sul vero e proprio opificio perfettamente funzionante allestito nel retrostante capannone a shed (del quale oggi non resta che il muro perimetrale lungo via Pietro Micca) progettato dall’ingegner Quinto Grupallo e destinato ai reparti di carderia, filatura, tessitura, apparecchiatura e tintoria per le esercitazioni pratiche.
L’edificio della scuola fu progettato dall’architetto Carlo Nigra secondo lo stile del revival rinascimentale toscano che qui fu esplicitamente indirizzato alla trasmissione di messaggi ideologici nelle decorazioni che riprendono simboli dell’arte laniera e un’ampia scelta di parole d’ordine indirizzate agli allievi, costituenti un’esauriente raccolta delle virtù del buon operaio: “probità, correttezza, serietà, energia, previdenza, onestà, operosità, costanza”.
Le “vedute dimostrative” e le planimetrie che corredano gli scritti pubblicati in quell’opuscolo illustrano adeguatamente la completezza della “offerta formativa” dimostrando come l’iniziativa di Felice Piacenza avesse le carte in regola per allineare il Biellese agli altri centri europei di istruzione professionale dedicata all’industria tessile allora in attività e guardate con aperta ammirazione (Aquisgrana, Berlino, Chemnitz, Krefeld, Zittau ecc.).
La scuola sarebbe stata diretta da un apposito comitato composto da un membro delegato dal Consiglio Comunale della Città di Biella (che aveva concesso gratuitamente il terreno su cui era stata edificata la struttura e che avrebbe ereditato la struttura stessa in caso di cessazione dell’attività), un rappresentante della Regia Scuola Professionale “Q. Sella”, un discendente diretto del fondatore, quattro esponenti della locale industria laniera (uno per ogni vallata: Cervo, Elvo, Sessera e Strona) e un “capo operaio” selezionato dal comitato stesso (scelta illuminata e “moderna”, quella di includere un tecnico in grado di vedere le cose dal punto di vista dei lavoratori). Il primo Comitato Direttivo del “Lanificio Scuola” fu quindi formato da:
- Presidente: comm. Felice Piacenza
- Consiglieri: Corradino Sella (per la Città di Biella), Carlo Maggia (per la Regia Scuola Professionale “Q. Sella”), Silvio Mosca (per la Valle Cervo), Primo Sormano (per la Valle Elvo), avv. Cesare Bozzalla (per la Valsessera), Giovanni Prina (per la Vallestrona) e Andrea Ogliaro in qualità di “capo operaio”.
Esisteva anche un corso serale professionale, indipendente da quello diurno, per lo più seguito da operai; il programma era diverso, basato su insegnamenti di tecnica elementare che servivano a completare le nozioni che l’operaio già conosceva attraverso l’esercizio del suo lavoro. Questo corso si teneva nel periodo invernale e la scelta delle materie era a totale discrezione dell’allievo, tanto che la quota d’iscrizione era fissata per materia.
L’attività didattica del “Lanificio Scuola” non cessò ma fu oggetto di un’importante evoluzione che lo portò idealmente a trasformarsi nel Centro Ricerche e Sperimentazione per l’Industria Laniera “Oreste Rivetti” nel 1968 e al trasferimento della sede nella nascente Città degli Studi.