Lettera aperta di Luigi Spina pubblicata su “Eco di Biella” del 9 dicembre 2019
I LANIFICI RIVETTI. PRESENTE E FUTURO NELLA CITTA’ CREATIVA UNESCO
Recentemente hanno destato vivo interesse due notizie prive, all’apparenza, di nessi: l’acquisto degli ex Lanifici Rivetti da parte di un gruppo di privati e il riconoscimento di Biella “Città creativa UNESCO”.
Sarebbe tuttavia sufficiente scorrere i titoli della stampa per cogliere con immediatezza l’intreccio stretto tra i due fatti e gli inediti scenari che essi delineano.
Sui fogli locali, per un verso, si poteva leggere: “Così vogliamo riqualificare gli ex Lanifici Rivetti” e, per l’altro: “Biella ce l’ha fatta: il riconoscimento UNESCO premia la storia industriale e la cultura del lavoro della città conosciuta in tutto il mondo per la sua eccellenza nel campo tessile”.
Va aggiunto, in merito alla notizia riguardante i Lanifici Rivetti, che il tono assertivo dell’annuncio era seguito da un più sfumato “si ipotizza una destinazione d’uso terziario”. Il velo di riserbo che avvolgeva l‘affaire Rivetti si infittiva con la dichiarazione del sindaco Corradino che, dopo essersi detto lietamente sorpreso dalla notizia, aggiungeva: “ora attendiamo qualche dettaglio per capire”.
Pur restando in compagnia del sindaco in attesa di ulteriori ragguagli sul futuro dei Lanifici Rivetti, proviamo a guardare la vicenda con occhio creativo, in ossequio alla qualifica Unesco.
Premessa maggiore:
Biella è città creativa in quanto espressione di una civiltà industriale di lungo periodo e tutt’ora ai vertici nel mercato globale con le produzioni di alta gamma.
Temi portanti:
1) non si scappa: la fabbrica, con tutto ciò che ad essa è legato, è nel dna culturale biellese. E rimane senz’ombra di dubbio il paradigma dominante, ovvero tutto ciò in cui i membri di una comunità si riconoscono.
2)Nella realtà biellese, inoltre, dire fabbrica, da duecento anni ad oggi, vale a dire: saperi e pratiche, valori, stili di vita, paesaggio industriale e culturale, tecnologia, prodotti, economia-mondo.
Se quanto sin qui detto è fuori discussione, è altrettanto vero, nello stesso tempo, che il sistema industriale e socio-economico biellese, anche in conseguenza degli effetti disastrosi prodotti dal sisma della lunga crisi economica globale e strutturale, sta vivendo una profonda trasformazione. Per affermazione dell’organizzazione imprenditoriale il distretto tessile di antica formazione è un sistema in transizione. Un processo di lungo periodo che punta, in prospettiva, a riconfigurare il territorio produttivo quale ecosistema evoluto, ‘multistadio’ e sostenibile.
In sostanza, il ‘vecchio’, fortunato format – quello, per intenderci, delle carducciane ciminiere fumanti, della Biella Manchester d’Italia, della “città laniera per eccellenza, che vive la vita del lanificio dal commercio della materia prima al prodotto finito, in tutte le sue fasi, in tutte le gradazioni di potenzialità accentrando tutto il movimento laniero del vasto territorio” – ha fatto il suo tempo. E oggi, tanto più oggi, non si vive di rendita. Occorre, in sostanza, saperne pensare e costruire uno altrettanto incisivo, efficace, attraente.
Occorre pensare in modo creativo ma senza perdita di identità e di conoscenze. Ovvero senza voltare le spalle al passato, dimenticando ciò che si era e quanto ancora, in buona misura, è sotto i nostri occhi.
Più che voltare pagina, dunque, è necessario saper tradurre, ossia trasportare la storia più autentica propria del Biellese, nel web costruendo coi linguaggi verbali e visuali oggi più largamente usati una nuova narrazione, un nuovo format.
Da qui, alcune, doverose, domande.
La prima: Biella, città creativa, quale patrimonio originale vorrà accreditare presso le comunità (151 stati di ogni continente, 1570 siti) che già si fregiano del prestigioso riconoscimento Unesco? E quale, nel rinnovato branding territoriale, sarà l’offerta culturale attrattiva da inserire in rete UNESCO?
La seconda.
In questo scenario, quali si pensa debbano essere destino, e funzione degli ex Lanifici Rivetti?
Naturalmente per rispondere a quest’ultima domanda occorre partire dal riconoscimento – repetita iuvant – dell’importanza storica dei lanifici Rivetti e dalle molteplici valenze di questo sito.
E cioè:
la Rivetti stava a Biella come la Fiat a Torino (si vedano le testimonianze contenute nel documentario di cui si tratta nell’articolo pubblicato di fianco). La storia dell’impresa Rivetti – lanificio a ciclo completo – per le sue strette interrelazioni con la città- fabbrica e con il sistema industriale territoriale, per la vastità della rete internazionale di scambi, è una storia esemplare e significativa dell’intero distretto tessile laniero biellese. In aggiunta, sul piano della storia sociale, il peso – e il senso – della Rivetti dove sono passati per almeno tre generazioni e decine di migliaia di lavoratori, è immenso.
Urbanisticamente localizzata a pochi passi dal centro e dalla stazione ferroviaria (quella ‘antica’ e quella nuova) la Rivetti, una città nella città, era, ed è, un’emergenza architettonica dominante. Per chi arriva da fuori il primo impatto visivo con Biella, divenuta città creativa, è con un fatiscente e anonimo sito industriale. Un sito per decenni abbandonato e indeciso. E oggi, nella annunciata e imprecisata mutazione, in dissolvenza. Che lo si voglia o no, alla Rivetti spetta di diritto un posto di primo piano nella narrazione che riconnetta la storia alla contemporaneità. Una narrazione creativa che sappia rendere conto del passato che sopravvive nella città attuale e restituisca visibilità e dignità alla civiltà industriale e alla cultura del lavoro.
Che lo si voglia o no il sito Rivetti è, per le ragioni prima richiamate, un’area ‘strategica’ nella inedita definizione della Biella creativa.
Proviamo adesso a mettere alcune idee sul tavolo del management team che è già al lavoro per dare attuazione agli impegni assunti nel dossier di candidatura. Impegni assunti e condivisi da un numerosissimo e qualificato stuolo di enti sostenitori.
Lo spazio fisico del sito Rivetti è spazio ideale per aprire un cantiere creativo. Per dare fondamenta ad un progetto/processo che proceda in “direzione ostinata e contraria” rispetto al percorso degli anni scorsi. Un percorso punteggiato da demolizioni, frazionamenti, fallimenti, progetti incompiuti malamente occultati sotto patetici paludamenti. Come eloquentemente documenta la fotografia di Leo Angelini un cartello nel quale l’iniziale accattivante promessa del titolo appare oggi come un’inquietante profezia.
Operare creativamente nello spazio Rivetti richiede come inizio l’eliminazione di recinzioni e ogni genere di barriere per restituire ai Biellesi – quale bene pubblico – il viale panoramico che si affaccia sul Cervo. Quella terrazza belvedere che oggi manca alla città. Si offrirebbe così al cittadino e al turista una visione panoramica di straordinaria bellezza e ampiezza dell’arco alpino che fa da cornice al teatro industriale sorto secoli addietro ‘a filo d’acqua’.
Il viale belvedere ex Rivetti, reso finalmente accessibile, diventerebbe un osservatorio puntato sulla città in trasformazione. E lo straordinario palcoscenico di opera prima dedicata ad un futuro che inizia.
Un futuro che, per doveroso riconoscimento, potrebbe prendere le mosse dall’esperienza di una visita virtuale entro la fabbrica a ciclo completo, dagli uffici ai magazzini e, reparto per reparto, dalla materia prima al tessuto. Un percorso multisensoriale con i suoni e i rumori del macchinario del lanificio e le voci autentiche del conte Oreste, di operai e operaie, di disegnatori …Tutto questo, e nonostante la distruzione quasi totale dell’archivio storico, potrebbe andare in onda già domani. I materiali ci sono e sono in buona parte contenuti nel primo cofanetto della collana di video narrazioni “Fabbriche illuminate”.
Nel lungo belvedere Rivetti, sul quale si respira l’aria del torrente industriale e delle produzioni tessili biellese, potrebbe, inoltre, trovare accoglienza un museo a cielo aperto, un museo di tipo nuovo in grado di presentare la città a se stessa In un giro d’orizzonte e a corto raggio, infatti, lo sguardo può abbracciare secoli di storia nella quale spiccano i grandi volumi architettonici del Lanificio Cerruti 1881, della Maurizio Sella, di Cittadellarte, della Pria Boussu, delle ville degli imprenditori, delle Pettinature Riunite. Non si fa fatica, alla luce di quanto accennato, a immaginare che nella mappa della città industrial-creativa la Rivetti occupa una posizione centrale. Nel reticolo delle emergenze segnalate convivono, a ben guardare, produzioni di alta gamma, archivi di immenso valore storico, centri d’arte di risonanza internazionale, istituti bancari, piattaforme di innovazione e startup, un campionario di architetture industriali che sono pietre miliari dell’evoluzione delle strutture produttive del tessile biellese. Un reticolo che può dare materia ed ispirazione a narrazioni con trame combinatorie.
Secondo Italo Calvino “La città non dice il suo passato, lo contiene” e così è.
Nella fase di “bufera distruttiva creativa” che stiamo attraversando è bene che la città si disponga a ripensarsi, a re-inventarsi e a raccontarsi.
Luigi Spina