Da Studi e ricerche sull’industria biellese – volume 3° 2012. Si ringrazia il DocBi – Centro Studi Biellesi e Marcello Vaudano
Sulla scia delle nuove acquisizioni di macchinari e della rimodellata conformazione dei reparti successive al ripristino della produzione nei locali devastati dall’alluvione del 27 giugno 1927 – quella che il giornale fascista annunciava come primo esempio biellese di “organizzazione scientifica del lavoro” – dall’autunno 1928 all’interno del lanificio Giletti di Ponzone fu attiva una scuola professionale. L’aveva fortemente voluta il cavalier Oreste Giletti che da qualche anno aveva assunto le redini della grande azienda creata dal padre Anselmo, cui la morte sopraggiunta nel marzo del 1927 aveva almeno risparmiato la drammatica esperienza dell’alluvione. La ditta, un lanificio a ciclo completo che occupava più di mille operai, aveva significato molto, se non tutto, nel processo di urbanizzazione di una valle fino a pochi anni prima semideserta. Attorno allo stabilimento in continua espansione Anselmo e Oreste Giletti, da imprenditori illuminati quali erano, avevano costruito case operaie, eleganti palazzine per i dirigenti, il convitto, i grandi caseggiati che ospitavano la cooperativa, il forno, il ristorante, il Circolo Dopolavoro, il teatro, la sede delle associazioni sportive e ricreative e, fiore all’occhiello, l’Asilo infantile e le Scuole elementari. Proprio per il grande impegno profuso nel finanziare e promuovere l’istruzione infantile e primaria, nel 1924 il Ministro della Pubblica Istruzione conferì a Oreste Giletti il Diploma di Benemerenza di prima classe, con facoltà di fregiarsi di medaglia d’oro.
Nell’estate 1928 lo stesso Oreste Giletti illustrò i motivi della nuova iniziativa nell’ambito dell’istruzione con una lettera circolare a firma “Il vostro Principale” che venne distribuita nei reparti: “Nel corso degli studi che stiamo facendo per migliorare la nostra organizzazione di lavoro, si è constatata una difficoltà derivante dall’insufficiente grado generale d’istruzione. Per rimediare a questa deficienza ho deciso di istituire una scuola pratica interna”. Lo scopo, pur succintamente definito, era dunque chiaro: preparare forza lavoro meglio istruita per renderla più efficiente e professionale, capace di sostenere le sfide che le nuove forme di produzione comportavano. Da quel momento in poi, aggiungeva l’imprenditore, gli avanzamenti di carriera all’interno del lanificio sarebbero stati possibili solo per coloro che avessero frequentato con profitto i corsi interni, da tenersi in perfetto stile dell’epoca: “Avviso che ho disposto che la scuola si svolga con la maggior disciplina, come lo stile del Regime Fascista impone, poiché solo da questa disciplina potranno i migliori trarre i maggiori profitti, nonché la formazione ed il perfezionamento del proprio carattere, base essenziale unitamente al sapere, per il progresso generale e condizione prima per essere anche un buon padre di famiglia” […].
Torniamo alla Scuola professionale interna al lanificio annunciata da Oreste Giletti con la lettera circolare diffusa nei reparti dello stabilimento. Nella stessa comunicazione venivano indicati i nomi di coloro che sarebbero stati i pilastri didattici della scuola: “Per il sicuro risultato dell’insegnamento ho voluto appositamente assumere due insegnanti specializzati e cioè il Sig. Prof. Rag. Giuseppe Mello (che avrà la Direzione della Scuola) proveniente dalla rinomata scuola ‘A. Bernocchi’ di Legnano, ove fu per più anni assistente a fianco del valente a appassionato Direttore di quest’istituto: Cav. Uff. Giovanni Strobino (oriundo Biellese, conosciuto in Italia ed all’estero per le sue non comuni doti che fanno di lui uno dei primi professori ed autori nella sua specialità). Il secondo è il Sig. Maestro Filippo Alcioni che già da oltre 10 anni ha insegnato nel nostro Biellese”. Se quest’ultimo sarebbe rimasto a Ponzone solo per un anno, lasciando comunque un ottimo ricordo in tutti, il ragionier Mello costituì l’elemento strutturale su cui poggiò l’iniziativa per i suoi primi tre anni di vita, e tanto si intrecciò il destino dell’insegnante-direttore con quello della scuola che essa non fu più la stessa dopo la sua partenza nella primavera del 1931.
Probabilmente consigliato a Oreste Giletti da Vincenzo Ormezzano, che ben conosceva e apprezzava Giovanni Strobino, Giuseppe Mello era nato a Vertova (Varese) nel 1901 da una famiglia originaria di Castagnea, il cui più illustre esponente era stato Bartolomeo Felice Dionisio Mello, combattente nelle guerre risorgimentali e poi, con il grado di tenente colonnello, comandante della Scuola Militare di fanteria di Modena. Il padre era stato a lungo direttore di un lanificio e aveva poi impiantato una propria azienda ad Arsago Seprio, per cui il figlio Giuseppe, al di là della sua formazione commerciale, aveva sviluppato un interesse e una competenza marcatamente tecniche, soprattutto in filatura e tessitura, che gli permisero poi di entrare come insegnante nella scuola professionale “Antonio Bernocchi” di Legnano. Ora, sulla scorta dell’esperienza maturata a Legnano, arrivava a Ponzone con il compito di impostare e dirigere la Scuola professionale e comandare il Corpo dei Pompieri volontari, due creature del cavalier Giletti.
I due corsi – quello di avviamento al lavoro e quello di perfezionamento, entrambi riservati ai dipendenti e ai loro figli suddivisi nei due livelli semplicemente in base all’età minore o maggiore di vent’anni – partirono come previsto il 5 settembre 1928 e si tennero nei locali attigui alla cooperativa Giletti. Il corso di avviamento al lavoro aveva lo scopo di dare una preparazione generica al lavoro industriale, mentre il più avanzato corso di perfezionamento si proponeva di integrare le capacità di lavoro dell’apprendista e dell’operaio e facilitare la possibilità che egli divenisse un assistente o un capo reparto. Per fare in modo che tutti gli operai, indipendentemente dai turni di lavoro, potessero frequentare la scuola, le lezioni si tenevano dalle ore 10 alle ore 12, dalle 15 alle 17 e dalle 18 alle 19. Gli allievi dei turni potevano beneficiare presso il Circolo Dopolavoro di una refezione di minestra a prezzo di favore (lire 0,50). Le materie di insegnamento per il corso di avviamento erano Italiano, Matematica, Disegno geometrico, Tessitura, Esercitazioni di filatura, mentre per gli allievi del corso di perfezionamento l’orario settimanale comprendeva Italiano, Matematica, Disegno geometrico, Tessitura, Meccanica, Esercitazioni di filatura, Tecnologia del telaio, Scampionatura, Lavorazione fibre tessili. Agli iscritti veniva chiesto un versamento mensile di lire 10, a titolo di contribuzione per l’acquisto di materiale scolastico e deposito di garanzia per eventuali guasti, ma a coloro che avessero frequentato regolarmente il corso a fine anno sarebbe stato rimborsato l’ammontare di tutte le quote mensili, previa deduzione dell’importo del materiale scolastico consegnato o dei danni fatti. Nel manifesto che campeggiava sui muri di Ponzone e all’interno del lanificio per sollecitare l’iscrizione erano poi anche indicati i nomi degli insegnanti. Oltre ai già citati Mello e Alcioni, unici ad essere espressamente ingaggiati dalla proprietà per la scuola, avrebbero tenuto lezione gli ingegneri Giuseppe Pellò e Germinal Giraudi, i ragionieri Mario Barlassina e Vittorio Peretti, tutti stimati dipendenti del lanificio, cui si chiedeva di aggiungere ai loro impegni aziendali quelli dell’insegnamento.
Le lezioni proseguirono regolari fino al giugno successivo, di tanto in tanto alternate con visite ai reparti per vedere all’opera macchine e maestranze e, più raramente, da gite istruttive, che in quel primo anno di attività della scuola furono ben tre.
Nella relazione finale al Consiglio direttivo delle scuole private del lanificio, Giuseppe Mello non nascose la propria soddisfazione per l’esito del primo anno. Gli iscritti ai corsi erano stati complessivamente 113 (circa il 10% dei dipendenti del lanificio), di cui 53 all’avviamento e 60 al perfezionamento. La frequenza era stata abbastanza regolare, a testimonianza della serietà con cui gli operai-studenti avevano preso la cosa: agli esami erano arrivati in 71 (40 del primo corso e 31 del secondo) e di questi 58 avevano ottenuto la promozione, mentre solo 13 erano stati rimandati all’esame di riparazione di ottobre. Se si considera che degli abbandoni 10 erano dovuti a trasferimenti per lavoro, la valutazione risultava ancor più incoraggiante. Le ore di insegnamento settimanali per il corso di avviamento erano state due di italiano e disegno ornato, una di aritmetica, geometria, scienze, tessitura, campionatura, disegno geometrico. Il corso di perfezionamento aveva avuto una struttura a tre moduli, distinguendosi il gruppo dei meccanici da quello dei filatori e dei tessitori: a una base comune di 2 ore di italiano, di disegno e di matematica i primi avevano aggiunto disegno macchine e meccanica, i tessitori completavano con tessitura, tecnologia tessile e scampionatura, mentre i filatori seguivano lezioni di preparazione del filato, di filatura vera e propria e di scampionatura.
A chiusura del bilancio del primo anno il direttore non taceva i problemi e le prospettive ancora da definire: per l’anno successivo sarebbe stato possibile allestire il laboratorio di cui egli stesso aveva presentato un’idea di massima? come sistemare definitivamente la biblioteca? quali quote d’iscrizione si sarebbero fissate per l’anno seguente? si doveva permettere l’iscrizione ai corsi anche a operai esterni al lanificio? come tenere viva l’attenzione della popolazione sulla scuola anche nel periodo estivo?
[…] Già durante l’anno erano state sporadicamente organizzate conferenze aperte al pubblico, come quella sull’Inferno dantesco tenuta dallo stesso Giuseppe Mello, ma per la fine dell’estate, tra agosto e settembre, la Scuola professionale organizzò addirittura un ciclo di “Lezioni di cultura popolare” aperte a tutta la popolazione. I corsi, della durata di non più di 4 lezioni ciascuno, “avranno carattere pratico e di propaganda culturale e serviranno a dare molte utili nozioni di cui sovente si sente la lacuna”. Vennero svolti nelle auledella scuola professionale nelle ore serali e riguardarono temi disparati: l’ingegner Pellò trattò “Il motore a scoppio”, l’ingegner Giraudi spiegò il funzionamento del regolo calcolatore, “La macchina fotografica e la fotografia” furono l’oggetto delle lezioni di Giuseppe Mello, di radiografia e radiografia si occupò il signor Strocchio e di lavoro il sig. Bozzola. Ma il corso che riscosse il maggior successo di pubblico fu sicuramente quello sui soccorsi d’urgenza del dottor Taraboletti, apprezzato e partecipato al punto da indurre Mello ad organizzare un’ultima lezione sui soccorsi da portare a chi venisse colpito da attacchi di cuore per il 12 settembre, in aggiunta a quelle previste e già svolte.
Da lì a qualche giorno quel primo anno di vita della Scuola professionale si sarebbe concluso in maniera trionfale. La sera del 20 settembre, in un Teatro Giletti gremito e prima di premiare gli allievi che si erano distinti durante l’anno, un comprensibilmente orgoglioso Giuseppe Mello relazionò sinteticamente sull’attività della Scuola, sottolineando come l’istruzione professionale in Italia stesse conoscendo un periodo particolarmente fortunato, anche grazie alle attenzioni che le autorità le riservavano.
Al termine della premiazione il folto pubblico, guidato dalla famiglia Giletti e dagli insegnanti della Scuola, si recò a visitare la piccola mostra allestita nell’aula maggiore per far conoscere i lavori, soprattutto disegni tecnici ed esempi di campionature, eseguiti durante l’anno dagli operai-studenti. Da qui il gruppo passò poi “a visitare l’elegante locale della biblioteca e sala di lettura del Circolo Dopolavoro sempre della Ditta Anselmo Giletti, per la prima volta aperto al pubblico”.
Anche il progetto di dar vita ad una sala biblioteca ed emeroteca si era dunque realizzato. Tra le carte di Giuseppe Mello si trova il dattiloscritto intitolato “Regolamento per la Biblioteca circolante Anselmo Giletti”, con ogni probabilità redatto da lui stesso. Nei suoi 11 articoli stabilisce che il prestito gratuito dei libri fosse ad esclusivo beneficio del personale del lanificio, e il funzionamento venisse affidato ad una commissione di tre persone nominate dalla proprietà della ditta che dovevano provvedere agli acquisti, al corretto funzionamento del prestito e a garantire l’apertura (mercoledì e sabato dalle 13,30 alle 14,30). Al Regolamento è unito anche un purtroppo mutilo elenco dei libri posseduti e disponibili al prestito, suddiviso in due sezioni: “Libri di cultura professionale e commerciale” – tra cui testi di meccanica, tessitura, elettrotecnica, diritto commerciale, organizzazione del lavoro – e “Biblioteca romantica”, comprendente romanzi d’avventura e sentimentali. La nuova sala di lettura era pure affidata alle cure del ragionier Mello, e metteva a disposizione dei frequentanti il Circolo Dopolavoro Giletti una serie piuttosto nutrita di giornali e riviste: “Illustrazione Italiana”, “Rivista illustrata del Popolo d’Italia”, “Lo sport fascista”, “Le vie d’Italia”, “Le vie d’Italia e dell’America Latina”, “La Domenica del Corriere”, “La Domenica dell’Agricoltore”, “Bollettino del R.C.A.I.”, “Tutti gli sport”, “Montanina”, “L’amico dei campi”, “Bollettino Burgo”, “L’Illustrazione fascista”, “Gente nostra”, “Il Popolo d’Italia”, “La Gazzetta del Popolo”, “Il Popolo Biellese”.
Sulla scorta del gratificante risultato del primo anno, si riaprirono le iscrizioni per un nuovo anno che però iniziava sotto un cattivo auspicio, ossia il trasferimento del maestro Alcioni, entrato in ruolo e assegnato alle scuole elementari statali di Candelo, che venne percepito come una seria menomazione al buon funzionamento della scuola. Lo rimpiazzò il maestro Berruto, cossatese.
I contatti con altre scuole professionali che Mello aveva intrattenuto per tutto l’anno precedente e i nuovi ordinamenti emanati dal Ministero contribuirono a definire nella mente del direttore un “Programma per l’anno scolastico 1929-1930” parzialmente diverso da quello del primo e sperimentale anno precedente. Nel dettagliato piano di lavoro dattiloscritto che presentò al Consiglio direttivo delle scuole private “Anselmo Giletti”, Mello specificò innanzitutto che i corsi sarebbero stati ancora due, ma avrebbero perso la definizione precedente di “avviamento” e “perfezionamento” per assumere semplicemente i nomi di primo e secondo corso. Le discipline tecniche avrebbero conosciuto un deciso incremento: durante le ore di Filatura sarebbero state affrontate la lana, la sfilacciatrice, la carda, il selfacting , la tecnologia della preparazione. In Tessitura si sarebbero studiati i differenti tipi di tessuto (spigati, raggiati, combinati, ecc.), gli effetti di coloritura, lo jacquard, la tecnologia del telaio (elementi compositivi, diversi tipi di telaio) e la scampionatura. Il corposo programma di Meccanica prevedeva di portare gli allievi a conoscere differenti tipi di moto, le forze, le leve, la carrucola, il filetto, il piano inclinato e ad affrontare almeno le nozioni generali in merito ad argomenti complessi come il lavoro meccanico, la potenza, la resistenza dei materiali. Il parco insegnanti si sarebbe in parte rinnovato, ma sarebbe stato costituito sempre da personale interno all’azienda chiamato ad un doppio lavoro. Detto della forzata sostituzione dell’insegnante di Cultura generale e Disegno ornato, venivano confermati lo stesso ragionier Mello (Tessitura, Campionatura, Tecnologia tessile) e gli ingegneri Giuseppe Pellò e Germinal Giraudi (meccanica). Ad essi si aggiungevano il ragionier Carlo Giraudi (Italiano) e il perito Umberto Gigagli di Prato (Filatura e Disegno macchine).
Le lezioni ebbero inizio il 15 ottobre, con un numero di iscritti piuttosto alto, anche se al di sotto dell’anno precedente (41 per il primo corso e 52 per il secondo, per un totale di 93, compresi 10 allievi “uditori”) ma la frequenza calò drasticamente sin dai primi mesi e già allo scrutinio del 10 marzo 1930 gli abbandoni avevano ridotto il primo corso a 19 allievi e il secondo a 33. Un po’ a fatica, l’anno venne portato a termine con lo scrutinio e gli esami: del primo corso 13 vennero promossi e 6 rimandati ad ottobre, mentre dei 33 allievi del secondo corso 17 furono i promossi, 13 i rimandati e 3 non si presentarono agli esami.
Nella sua relazione estiva al Consiglio direttivo Giuseppe Mello spiegò così la difficile gestione dell’anno scolastico: “Il primo corso ha dato uno scarsa percentuale di allievi frequentanti che però era già stata prevista sin dall’inizio. La diversità è stata ancor più forte di quelli dello scorso anno, difatti abbiamo avuto gli allievi di 12 anni, di 20, di 30 e di 40 anni, tutte le posizioni sociali, tali lo scolaro di professione ed il capo […]; da qui la difficoltà nello svolgere un programma stabilito per essere alla portata di tutti in modo d’essere compresi senza essere pedanti. Il secondo corso, essendo più omogeneo come età e come grado di istruzione, si è mantenuto più compatto, tanto che si è potuto portarlo quasi al completo agli esami. Va però tenuto presente che hanno abbandonato la ditta per ragioni di lavoro o per leva militare 13 allievi […]. Le materie stabilite sul programma non si sono potute sviluppare interamente come era nostro desiderio per la penuria di ore d’insegnamento e per le ordinarie occupazioni del personale insegnante. Dopo le feste natalizie i corsi hanno potuto riprendere più regolari, però con nostro malincuore si è dovuto ridurre praticamente a 4 i giorni di scuola invece dei 6 dell’anno precedente”. Un’ultima considerazione andava fatta nel valutare il “mezzo fallimento” dell’annata, o comunque il risultato meno brillante di quanto si sperasse: “Tutto il corpo insegnante, eccezion fatta per il Sig. Maestro, che restava fisso alla scuola, doveva accudire ugualmente ai lavori d’ufficio che li metteva nelle condizioni di trascurare la scuola da una parte, e certe volte l’ufficio dall’altra. Ciò va tenuto presente affinché si sia giusti nel valutare il sacrificio per la scuola, l’esito e il profitto di quest’anno di fronte a quello dell’anno scorso”. Il direttore non poteva neppure omettere che sotto il profilo della condotta non tutto era andato liscio: “Alcune volte il secondo corso ha avuto elementi indisciplinati che però vennero segnalati con lo scadente voto in condotta”.
Ad autunno già inoltrato e con alcuni cambiamenti nell’organizzazione dei corsi che probabilmente tenevano in conto le criticità messe in luce dal direttore, il nuovo anno partì il giorno 5 novembre 1930. Pare di capire che, a fronte delle difficoltà evidenziatesi nel recente passato, la scelta si ponesse tra due alternative radicali: ridimensionare il tutto, riducendo corsi, orari e insegnanti, oppure rilanciare, ampliando l’offerta e scommettendo sulla capacità di far fronte ad un impegno organizzativo ed economico ancor maggiore. Fu quest’ultima la soluzione tentata. Le novità più sostanziose che vennero introdotte furono infatti l’estensione della possibilità di iscriversi a coloro che non erano dipendenti della ditta Giletti e l’introduzione di un terzo anno di corso che, annunciava il manifesto con cui era resa nota ai ponzonesi l’apertura del nuovo anno, “completerà le nozioni apprese nei corsi precedenti con lezioni teoriche e pratiche nelle materie già conosciute”. L’aggiunta di un corso aveva il significato di una rifinitura, dunque, o se si preferisce un approfondimento di nozioni e pratiche lavorative già affrontate nei primi due anni, con l’implicita convinzione che i diplomati dell’anno precedente avrebbero continuato a frequentare il nuovo livello.
Le materie erano invariate, e anche gli insegnanti erano quasi tutti gli stessi (oltre al direttore Mello, gli ingegneri Giuseppe Pellò e Germinal Giraudi e il ragionier Carlo Giraudi), in aggiunta al nuovo arrivato, il maestro Cesare Bisio. Si confermava tanto la distribuzione delle ore di lezione in tre fasce – ossia tarda mattinata, primo pomeriggio, tardo pomeriggio – per venire incontro alle necessità di chi “faceva l’orario” e di coloro invece che “facevano la giornata”, quanto la possibilità per i frequentanti di avere una refezione calda a prezzi scontatissimi presso il Circolo Dopolavoro Giletti.
Con un significativo ritardo rispetto a quanto fatto in passato, la cerimonia di premiazione dei diplomati dell’anno scolastico 1929-1930 ebbe luogo solo il 17 gennaio 1931 nel salone del Teatro Giletti.
Durante il suo discorso il direttore Mello aveva come al solito riassunto quanto fatto nell’anno trascorso e parlando dei corsi in atto aveva insistito sull’importanza di aver aperto le iscrizioni a tutti e di aver portato a tre gli anni di corso. Ma condurre la Scuola rappresentava un onere e un impegno organizzativo non da poco: “E’ bene però qui tenere presente i sacrifici che questa scuola comporta sia morali che materiali e la tenacia con la quale cerca di affermarsi”. Un malcelato senso di sconforto stava forse dietro al tentativo di spacciare per una miglioria ciò che era in realtà una necessità che impoveriva l’offerta formativa, ovvero la riduzione delle tre fasce orarie previste ad una sola. Di segnali incoraggianti che testimoniavano l’apprezzamento per il ruolo della Scuola, all’opposto, continuavano a notarsi anche in quella serata di festa, considerato che tra i premi uno di ben 250 lire era stato offerto dall’Opera Pia Sella di Mosso […] e l’altro veniva dall’illustre Vincenzo Ormezzano, che di tasca sua aveva garantito 50 lire.
C’è da credere che il triplice, gravoso lavoro di Giuseppe Mello – l’ufficio, l’addestramento e le uscite operative con i pompieri, la direzione della Scuola professionale e l’insegnamento – costituisse un impegno sopportabile solo in presenza di importanti gratificazioni e soddisfazioni. E così si può pensare che proprio le crescenti difficoltà nel portare avanti l’esperienza dei corsi professionali, unite forse alle pressioni che riceveva dalla giovane fidanzata che avrebbe di lì a poco sposato, lo abbiano indotto ad accettare nel marzo di quel 1931 un’offerta di lavoro che lo avrebbe allontanato da Ponzone. Certamente egli ne aveva discusso preventivamente con il cavalier Giletti, ma per i “suoi” studenti e per i “suoi” pompieri la notizia calò inaspettata come un maglio. In un’improvvisata riunione serale, il 29 marzo Pietro Malinverni, allievo del terzo corso e dunque un veterano della scuola, lesse un commosso saluto a nome di tutti gli operai-studenti: “L’adunata di oggi, sorta spontanea nella nostra mente, vuol essere una piccola cosa, un’intima, una sincera dimostrazione della gratitudine degli allievi della Scuola Professionale Giletti al loro caro Professore, che lascia per motivi professionali Ponzone e con Ponzone la loro Scuola. Noi non ignoriamo che ella è stata uno di quei pochi che hanno insistito e fatto sì che anche quest’anno la Scuola professionale si riaprisse nuovamente, e continuasse le belle tradizioni degli anni precedenti, e noi tutti, di questo, le siamo infinitamente grati per aver avuto modo di aumentare le nostre cognizioni colturali. Sappiamo anche che per attendere puntuale alla scuola, non ha scansato i non pochi disagi e le molte fatiche derivanti dal giornaliero lavoro d’ufficio. Le sia però di piccola soddisfazione il sapere che noi abbiamo compreso il suo costante e disinteressato sacrificio. Permetta perciò, egregio Professore, che io a nome di tutti gli allievi presenti ed assenti, possa significarle tutto il nostro rincrescimento per la sua partenza da Ponzone, e nello stesso tempo ringraziarla di cuore di tutto quello che disinteressatamente ha sempre fatto per noi, beneaugurando per il suo avvenire”.
La partenza del ragionier Mello inferse un durissimo colpo alla scuola professionale, che ridusse l’impegno orario delle lezioni e, pur sopravvivendo sino al conflitto mondiale, limitò la sua azione a corsi serali che potevano essere frequentati anche singolarmente, senza l’obbligo per gli operai-studenti di seguire l’intero “pacchetto” di materie. Nello stesso decennio, e con la stessa modalità serale e facoltativa, furono organizzati dal lanificio dei corsi di Economia domestica rivolti al personale femminile, con materie quali taglio e cucito, igiene, cucina.
Ancora nel 1939 “il Biellese” informava della visita fatta dal Segretario del Consorzio per l’Istruzione tecnica nella sera del 22 febbraio alla scuola di Ponzone. “La scuola è frequentata assiduamente da un numero cospicuo di operai, desiderosi di perfezionare la propria cultura professionale. Ma non soltanto persegue un’utilità pratica professionale, quella scuola, quanto una funzione spiccatamente educativa giacché gli insegnanti – che sono tecnici dell’azienda Giletti insieme con un maestro elementare – hanno organizzato i diversi corsi di istruzione tecnica in modo che ciascun corso abbia il riferimento in un corso principale obbligatorio per tutti gli allievi: il Corso di cultura fascista […]. I diversi corsi, che possono essere frequentati distintamente, sono i seguenti: 1) Preparazione, fibre tessili, miste carderie 2) Filatura e tecnologia dei filati 3) Orditura e tessitura 4) Tecnica del finissaggio 5) Corso di cultura generale 6) Corso pratico di computisteria 7) Corso di cultura fascista 8) Organizzazione del lavoro (elementi pratici per la calcolazione dei tempi di lavorazione, prevenzione infortuni, igiene del lavoro)”.
In mancanza di documentazione archivistica e bibliografica, c’è da ritenere che la guerra abbia posto il sigillo finale sull’iniziativa, certamente sostituita da forme di addestramento ed apprendistato professionale all’interno dei reparti ma definitivamente conclusa nella sua ispirazione iniziale.
Marcello Vaudano