Dal libro Gabriele Basilico. Esplorazioni di fabbriche, Electa, Milano 1989.
Il Cervo è l’asse portante del distretto industriale ottocentesco, la sede già di precoci attività manifatturiere del secolo precedente, quando vi si contavano mulini e ben quattro cartiere di cui alcune di antica tradizione, come la cinquecentesca cartiera Mondella (sul sito poi dello “Albergo di virtù” del Santuario di Oropa e poi del Lanificio Maurizio Sella) e la Amosso Bernardino sulla riva destra, già dei principi Cisterna e pure destinata a concludere la sua attività alla fine dell’Ottocento. Costantemente “fuori le mura”, il Cervo sembra essere stato vissuto dalla città sempre in termini utilitaristici, un “fiume del lavoro” più che un corso d’acqua da accogliere nel paesaggio urbano della residenza, delle funzioni civili e commerciali. E questo fiume di montagna (vedi il bacino del Cervo), provvidenzialmente scosceso e impetuoso nel suo tratto superiore sul quale così frequenti sono state nei secoli le localizzazioni produttive e industriali, ha fruttuosamente svolto la sua funzione, alimentando le ruota ad acqua, le turbine, le macchine a vapore, e fornendo la materia per le operazioni di lavaggio, e di tintura, nei lanifici, o per le lavorazioni in cartiera, o ancora per le molteplici necessità delle concerie, quali la Serralunga […].
Modificatisi profondamente i modi di produrre, scioltisi definitivamente i vincoli tra fiume e industria, ora libera il situarsi più convenientemente rispetto alle vie di comunicazione e su terreni pianeggianti, l’imponente allinearsi di opifici lungo il fiume è diventato scenario di grande suggestione, luogo privilegiato dell’ambiente storico-industriale biellese.
Quella passeggiata che poco senso poteva avere per la salute del corpo e della mente nei momenti della massima operosità di lanifici, cotonifici, concerie, cartiere, mulini, assume un valore del tutto nuovo e inaspettato per il visitatore contemporaneo, sotto i cui occhi si snoda tutto lo svolgimento dell’architettura industriale moderna, in una passeggiata archeologica che va dalla tipologia “manchesteriana” del lanificio Trombetta [ora Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, ndr], di quello dei Sella, o del complesso laniero Cerruti (per fare alcuni esempi), agli esiti più tipici degli anni trenta del nostro secolo [il Novecento, ndr], ben rappresentati nelle Pettinature Riunite di Giuseppe Pagano.
Emozionanti gli incontri monumentali che animano tale percorso: […] il Lanificio Pria, subentrato all’antichissimo lanificio riordinato nel 1831 da Federico Bossu; o in stato di avanzato degrado come il famosissimo complesso Sella sorto già come filatura di seta e in parte come cartiera e attivato nel 1838; monumenti industriali ancora di grande potenza visiva.
Oppure case operaie e residenze padronali evocatrici di severi e disadorni costumi di vita (la casa di Quintino Sella, all’interno della fabbrica; i casermoni che la fronteggiano sulla riva destra del Cervo); ma è il gioco dei punti di vista da ricercarsi oggi, in quella che resta un’avventura sul greto del fiume o sulle passerelle, o dai più alti osservatori sulle strade che costeggiano il corso delle acque.
Massimo Negri