Zegna Baruffa Lane Borgosesia STORIES
- Zegna Baruffa Lane Borgosesia STORIES
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- Alcuni “numeri” della Manifattura di Lane in Borgosesia tra il 1927 e il 1947
L’epoca presa in esame è già di per se stessa rilevante. Dalla piena imposizione del Fascismo all’affermazione della Repubblica, attraverso la Seconda Guerra Mondiale e la Resistenza, tra l’autarchia, le sanzioni economiche e la ripresa post-bellica, dall’8 Settembre al 2 Giugno. Insomma, un incrocio di date che si può sovrapporre a un incrocio di dati. Dati tratti da uno dei libri inventario della società che inizia il 31 dicembre 1927, con la firma in calce di Franco Magni, direttore generale dell’azienda.
Gli elementi descrittivi specifici, ripartiti per “titoli”, offrono, nella loro progressione cronologica anche solo ristretta al ventennio preso in esame, una visuale interessante su tutto l’organismo della Manifattura di Lane in Borgosesia. E non solo in ottica finanziaria, organizzativa, produttiva ecc. Oltre ai “numeri” si scorge, infatti, la realtà locale e globale che andava evolvendosi in quel periodo storico. Il contesto di riferimento è lì, dietro alle cifre incolonnate e sinteticamente indicate. Voci stringate, utili alla contabilità e non certo (mano)scritte a uso dello storytelling. Eppure, una narrativa storiografica è possibile, anche senza entrare troppo nei dettagli. Anche elaborando soltanto alcuni di quei “numeri”, tentando di commentarne l’andamento nel tempo.
Per esempio, si prenda in considerazione lo sviluppo delle cosiddette “opere sociali” della Manifattura di Lane in Borgosesia, quelle che nel registro sono segnalate come “istituzioni operaie”. La traccia del welfare ridotta al nome dell’oggetto e al suo controvalore economico. Nel 1927, le suddette istituzioni dedicate alle maestranze si dividevano in: casa operaia di Aranco, casa operaia “Sezione Nord”, convitto per le operaie (istituto di tutela e vigilanza affidato a personale religioso femminile, per la precisione alle salesiane Suore Figlie di Maria Ausiliatrice), refettorio, gabinetto medico e compagnia pompieri. Nel 1929 scompare dalle registrazioni la casa operaia “Sezione Nord”, mentre nel 1930 si aggiungerà (ma solo per un lustro), la “sala convegni per impiegati”. Quest’ultima è da intendersi come una sorta di “dopolavoro” selettivo, cioè alternativo a quello per gli operai (che però, in quanto tale, non trova riscontro nel registro). Sul fatto che il reparto dei vigili del fuoco fosse da annoverare tra le “istituzione operaie” ci sarebbe da discutere, però è pur vero che quei pompieri avevano “giurisdizione” non solo sulle attinenze e pertinenze delle aree produttive, ma anche su quelle residenziali dei dintorni, quindi il servizio avrebbe coperto anche l’edilizia abitativa dei lavoratori e non solo.
Il refettorio si trasformò, quanto meno a livello lessicale, in mensa aziendale nel 1944. In quell’anno fu attivato anche uno spaccio aziendale, che tuttavia non arrivò al 1945. La situazione generale imponeva una più attenta politica di assistenza rivolta ai dipendenti, anche per cercare di evitare ulteriori tensioni sociali nell’ambito della guerra civile in corso. Uno spaccio di alimentari e di generi affini poteva mitigare, magari con prezzi calmierati, i conflitti di classe e indurre i partigiani a non intervenire contro un’azienda che si mostrava fattivamente “filantropica”. Ovviamente, il mantenimento in funzione del convitto e dell’ambulatorio medico andava nella stessa direzione.
Altro esempio, la costante della autoproduzione idroelettrica con le centrali di Aranco e Roccapietra (con tre prese: Agnona, Quarona e Varallo). Altra costante: automobili e cavalli (autorimessa e scuderia), ancora nel 1947. Progresso, ma anche atavismo.
In termini più propriamente industriali, l’analisi delle consistenze delle materie prime illustra lo stato delle cose e le sue variazioni rispetto alle contingenze nel ventennio in oggetto. Il grafico dimostra una notevole mobilità nelle scorte. Mobilità non sempre spiegabile rivolgendo lo sguardo alla geopolitica di allora.
I cinque/sei parametri considerati sono le lane sucide italiane e quelle estere, le lane già cernite italiane e quelle estere, le fibre artificiali in fiocco e pettinate. Queste ultime, malgrado il regime autarchico, “progettato” fin dalla metà degli anni Venti, ma imposto concretamente dal 1937, sono rilevate nei magazzini di Borgosesia solo nel periodo effettivamente bellico (1940-1945) con un residuo nel 1946. Quindi le fibre autarchiche non “inquinarono” quelle naturali se non per l’oggettiva necessità di sostituirle. In effetti, per lo stesso lasso di tempo, la lana italiana scompare per ritornare solo nella seconda metà del 1945. Idem per quella di importazione (sucida) che, però, si ripresenterà in quantità cospicue nel 1946 e 1947. Già nel 1939 il sucido nazionale si era azzerato nelle scorte, mentre quello estero era calato drasticamente. Nel biennio 1940-1941, le rimanenze (600.000 kg totali, incluso il greggio cernito) erano state assorbite dalla produzione. A guerra finita, il mercato internazionale supportò immediatamente la ripresa e fu la lana sucida estera a costituire il grosso dell’immagazzinamento (più di 1.000.000 kg in tra 1946 e 1947), tenuto presente che quella sucida italiana restò a zero nel 1946.
Prima della guerra, la Manifattura di Lane in Borgosesia fece crescere, sebbene non in maniera costante, le scorte delle quattro tipologie primarie. La prevalenza andò quasi sempre per la materia prima sucida in generale, con quella straniera in significativa maggioranza. Il che si può leggere come l’orientamento a non immagazzinare troppo sucido e a lavarlo/sceglierlo costantemente per lavorarlo subito. In effetti, la materia prima pronta rappresentò quasi sempre una minoranza quantitativa. Nel 1935 si registrò il picco di quel tipo di scorta, con poco meno di 930.000 kg di lana estera (probabilmente non dal Commonwealth, bensì dal Sud America). Quello fu l’anno del maggior quantitativo immagazzinato assoluto con più di 817.000 kg di sucido italiano e 200.000 di cernito complessivo. Vale a dire poco meno di due milioni di kg totali stivati. La guerra coloniale nel Corno d’Africa e la reazione inglese si fecero sentire? Nell’autunno del 1935 furono imposte le sanzioni economiche al Regno d’Italia e durarono fino all’estate del 1936. Non furono applicate da paesi non membri della Società delle Nazioni (come la Germania e gli USA), ma quasi esclusivamente da Francia e Inghilterra. In ogni caso, la strategia della Manifattura di Lane in Borgosesia dovette essere tarata sul fatto che la lana dall’estero passava in buona misura dalla Gran Bretagna e, in mancanza di quella, servivano fonti alternative di approvvigionamento e scorte adeguate. I dati per il 1936 indicano un drastico ridimensionamento del magazzino (il che, però, può suggerire che la produzione non subì contraccolpi), sceso a poco più di 250.000 kg (riduzione dell’87% in un anno).
L’Archivio Storico della Manifattura di Lane in Borgosesia/Zegna Baruffa, conservato presso la Fabbrica della Ruota di Pray, si presta anche per letture di questo tipo e il patrimonio è sicuramente capace di favorire ulteriori percorsi di ricerca similari.
L’azienda, all’esordio del 1948, si presentava in buona salute, almeno stando agli indicatori presi in esame. Il Ventennio fascista e la guerra l’avevano inevitabilmente colpita, ma non messa in ginocchio e il vero rilancio, supportato dal mercato interno in crescita e direzionato verso il boom economico degli anni successivi, era in arrivo.