Zegna Baruffa Lane Borgosesia STORIES
- Zegna Baruffa Lane Borgosesia STORIES
- La lana di Borgosesia nella “Flotta gialla” dei Laghi Amari
- 1946: il bilancio del primo anno di pace
- Sedici uomini per la Tessitura Lenot
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- Tra gli azionisti della Manifattura di Lane in Borgosesia 1923-1945
- Le 2300 pioppelle della Manifattura Lane
- Alcuni “numeri” della Manifattura di Lane in Borgosesia tra il 1927 e il 1947
La chiesetta della Madonna della Neve è un luogo caro alla gente di Borgosesia. Sorge in località Sassola, lungo la strada rettilinea che, dal centro storico della città, porta a Varallo. L’oratorio ha assunto le forme attuali nel 1932-1933, dopo un sostanziale rifacimento, ma conserva le linee tipiche delle chiesette edificate per devozione dei viandanti, per protezione di chi era di passaggio o di chi stava per mettersi in viaggio. Un tempo, il paesaggio ai piedi delle alture selvose dell’antico Castellaccio, doveva essere assai diverso. Oggi, il doppio filare di platani lungo la via Varallo scherma solo in parte gli edifici moderni e la spianata dell’ampio parcheggio che si estende oltre l’abside della chiesetta, prima delle case operaie del quartiere Cravo. Un tempo, selva, prato e aree coltivate dovevano intersecarsi attorno allo stabile dedicato al culto della Madonna della Neve, che ricorre il 5 agosto. Oggi, asfalto e cemento hanno “riqualificato” una zona che, negli anni Quaranta del Novecento, fu oggetto di attenzione particolare da parte della Manifattura di Lane in Borgosesia.
In effetti, se è vero che l’azienda laniera dei Magni ha avuto un ruolo da protagonista nella costruzione della Borgosesia moderna, è altrettanto vero che, almeno nel caso della Sassola, non solo di volumetrie produttive e/o residenziali si occuparono i gerenti dell’impresa. La documentazione d’archivio, infatti, tramanda una piccola ma significativa attività di piantumazione che la Manifattura di Lane in Borgosesia ebbe modo di sperimentare tra il 1942 e il 1946.
In un periodo storico in cui la riforestazione aveva molte ragioni d’essere, dalle pionieristiche opere di difesa del suolo dai dissesti idrogeologici alle iniziative economiche di carattere autarchico, l’interesse della Manifattura di Lane in Borgosesia per la messa a dimora di nuove piante si può ricondurre, vista la superficie individuata, alle opportunità di sfruttamento che la “coltivazione” di determinate specie poteva offrire. Tuttavia, al netto di quelle che possono essere le sensibilità ambientalistiche odierne, il rimboschimento anche di esigue porzioni di territorio poteva portare anche a benefici naturalistici indiretti e a una migliore gestione delle risorse del terreno.
Nell’Archivio Storico della Manifattura di Lane in Borgosesia, conservato presso la Fabbrica della Ruota di Pray, si trova una cartellina intitolata “Piantagione pioppi”. Poche carte, ma rilevanti. Poche carte che permettono di contestualizzare quell’operazione, avvenuta in un momento complicato, in un più ampio scenario, ossia quello dell’incremento del patrimonio forestale valsesiano, tanto sulle montagne quanto nel fondovalle. Già prima e ancora dopo il Fascismo, in effetti, il tema era di attualità e non mancano, nei dintorni, le testimonianze di interventi cospicui, anche di connotazione industriale, dalla Burcina di Pollone dei Piacenza, alle piantumazioni sulle montagne del Triverese da parte dei Giletti di Ponzone e, soprattutto, di Ermenegildo Zegna. Si trattava di investire negli alberi per ricavare legname da ardere o da opera, ma anche materia prima per le cartiere. La Manifattura di Lane in Borgosesia arrivò dopo, ma arrivò, scegliendo il terreno sgombro dietro la chiesetta della Madonna della Neve.
In un articolo apparso sul “Corriere Valsesiano” del 1° giugno 1951, Mario Spanna considerava le difficoltà di coltivare quell’essenza a quote medio-alte, ma attestava anche che «sulle terre alluvionali di fondo valle, della bassa e della media Valsesia già conoscono ed intraprendono in parte la coltura del pioppo». Questa coltura era stata avviata anche dalla Manifattura di Lane in Borgosesia fin dal 1942. Lo documenta un appunto manoscritto che dice: «eseguita piantagione di 100 pioppelle dietro la chiesa Sassola lungo la provinciale, tipo Carolina». Carolina è un’indicazione geografica relativa all’origine della variante. Di pioppi esistono tanti tipi. Quello statunitense della Carolina assomigliava moltissimo a quello, più comune, canadese, tant’è che a un occhio non educato sembrano identici. Il citato Spanna scriveva: «sono più o meno è la stessa cosa. La differenza fra le due varietà è minima, tanto che si confondono le une colle altre; ma gli esperti assicurano che il pioppo della Carolina è più resistente e più redditizio».
La Manifattura di Lane in Borgosesia scelse il primo. E all’esordio del 1942 successe una nuova introduzione, nel 1945, di duecento pioppelle, ma non più lungo la strada bensì all’interno del prato. In qualche modo fu un successo. Tant’è che nel 1946 l’industria laniera intese non solo ribadire il concetto, ma ampliarne la portata. Altro appunto manoscritto: «eseguita piantagione di 2000 pioppelle dopo incrociato con Carolina». In questo caso l’incrocio era stato effettuato con pioppi del Canada, anzi “Canadà”? Non si sa. Quel che si sa, invece, è che quelle piante non erano autoctone, ovvero bisognava procurarsele. Il vivaio di riferimento era quello della “Premiata Casa di Orticoltura Cavaglià Lorenzo e F.lli” di Santena (Torino). E, infatti, la Manifattura di Lane in Borgosesia a loro si rivolse. Nella cartellina sopracitata non si trovano ordini o fatture, ma un piccolo catalogo illustrato, risalente al 1923, con tanto di fac-simile del diploma di Vittorio Emanuele III che consentiva ai Cavaglià, “coltivatori di grandi vivai di pioppi del Canadà”, di fregiarsi dello stemma reale nelle loro carte intestate fin dal 1908.
Insieme alla reclame dei vivaisti, anche due preziose pubblicazioni entrambe del 1909. La prima: Il consumo di legname in Italia e la coltivazione del pioppo canadese di Alberto Geisser (estratto dalla rivista “Riforma sociale”) e Il pioppo del Canadà, del dott. Gustavo Vagliasindi (estratto dalla rivista “Agricoltura Italiana”).
Tre indizi fanno una prova circa il fatto che la questione della coltivazione dei pioppi non era tanto marginale in seno alla Manifattura di Lane in Borgosesia, già all’inizio del Novecento. E non è detto che quella della Sassola sia stata l’unica esperienza nel settore. Purtroppo le carte rimaste non offrono ulteriori indicazioni. Forse, oltre a intenti ambientali e ornamentali, c’era davvero anche un’ipotesi di profitto? Magari tramite la fornitura di materia prima alla vicina Cartiera Italiana di Serravalle Sesia? Può darsi. Ma questo non è l’unico dubbio. Quello più importante, in verità, è un altro: che fine hanno fatto quelle 2300 pioppelle?