Per questa sezione si ringrazia il DocBi – Centro Studi Biellesi per il materiale fotografico e le informazioni. Altra fonte è il libro La scuola a Biella nel primo Novecento di Silvia Delzoppo, Leone & Griffa, Pollone 1999.
Il Biellese ha goduto fin dall’Ottocento di una condizione privilegiata in merito alla diffusione dell’alfabetizzazione di base. Questa buona situazione, dovuta all’attenzione delle comunità (tanto di quella cittadina quanto di quelle rurali) nell’applicazione delle disposizioni governative e all’iniziativa spontanea di singoli filantropi o di sodalizi privati, ha potuto svilupparsi anche nel settore della istruzione professionale di livello superiore.
In questo ambito specifico l’origine del manifestarsi di esperienze significative, alcune delle quali tuttora in essere, va ricercata nell’industrializzazione tessile locale avviatasi dalla Restaurazione e nella “lettura” dello stato della realtà socio-economico e culturale biellese data da alcuni dei protagonisti della vita imprenditoriale, politica e amministrativa del Biellese di allora.
Era naturale che in una zona che aveva una così importante tradizione industriale dovesse sorgere una scuola professionale in cui i giovani potessero acquisire le nozioni indispensabili al progredire delle industrie. Dalla metà dell’Ottocento erano sorte nella zona numerose fabbriche, la comparsa del telaio meccanico portato da Pietro Sella nel 1816 aveva sconvolto l’organizzazione delle vecchie tessiture, le pubblicazioni di Giuseppe Venanzio Sella e la perfezione delle stoffe straniere che giungevano ai nostri mercati avevano posto in evidenza la necessità di una preparazione scientifica sia nell’operaio, sia soprattutto in chi dirigeva la lavorazione. Nelle considerazioni didattiche sul neonato Lanificio-Scuola Piacenza si scriveva: “Eccitati dalla facilità del guadagno, vollero dedicarsi all’industria laniera e divennero capi o proprietari di stabilimenti, persone che nell’industria stessa non avevano anteriormente esercitata alcuna attività. Sebbene dotate delle occorrenti qualità di ingegno e intraprendenza, molte di tali persone non tardarono ad avvedersi delle deficienze loro, a riconoscere la necessità di una istruzione tecnico-scientifica atta a rendere maggiormente proficua l’opera loro”.
Fu chiaro a partire dagli anni Trenta del XIX secolo, con largo anticipo su altre zone del Piemonte e con caratteristiche peculiari, che la vocazione produttiva legata alla manifattura tessile laniera e cotoniera (ma anche al contesto agricolo ed edilizio) di Biella e del suo circondario necessitavano di “personale qualificato” in grado di occupare i nuovi posti di lavoro creati dall’evoluzione industriale e artigianale che il Biellese stava vivendo. Da questo punto di vista il Biellese si può a buon diritto collocare, sia a livello nazionale sia in ambito europeo, tra le zone di maggior precocità. In Belgio, Francia, Germania e Inghilterra le prime scuole tecnico-professionali non anticipano di molto (anzi nella più parte dei casi appaiono coeve o seguono) le prime esperienze biellesi.
L’istruzione elementare e poi quella sempre più specializzata erano considerate un percorso virtuoso a cui indirizzare la popolazione (e non solo quella maschile) in un’ottica prima di tutto di “educazione sociale” capace di liberare le masse contadine e dei sempre più numerosi operai dal gioco dell’ignoranza cercando di trasmettere il concetto per cui il benessere personale e di classe passava attraverso l’avanzamento della conoscenza (offerto non solo ai bambini ma anche agli adulti desiderosi di apprendere) e l’ottimizzazione delle capacità manuali e intellettuali del popolo. Il tutto con la precisa volontà di condurre la società verso un generale miglioramento senza “rivoluzioni”, anzi con l’intento di garantire l’ordine costituito anche in virtù di un vincolo di dipendenza e di gratitudine imposto, col più rigoroso rispetto dei ruoli, da chi attivava le opportunità di apprendimento verso coloro che coglievano tali possibilità.
Tra Otto e Novecento, lo Stato, gli imprenditori e la Chiesa (soprattutto grazie al vescovo di Biella, mons. Giovanni Pietro Losana) in primis, poi le società di mutuo soccorso, le cooperative e altre forme di associativismo proletario, organizzarono o facilitarono la nascita di scuole, istituirono biblioteche e diffusero cultura tecnico-scientifica, ovvero quel tipo di sapere ritenuto per ovvie ragioni la chiave del futuro se non quella del successo.
Soprattutto gli opifici lanieri (e in parte l’élite degli impresari costruttori della Valle Cervo) incisero sulle scelte della “offerta formativa” catalizzando e canalizzando l’istruzione professionale nel Biellese. Dette scelte, fatte più di un secolo addietro, hanno condizionato profondamente il tessuto sociale di questa terra. La “domanda” costante di tecnici preparati rappresentata dai lanifici ha connotato la “offerta” degli istituti di antica formazione e quelli di più recente avvio.
In alcuni casi gli stessi lanifici, per ragioni dovute alla necessità di una più puntuale specializzazione o anche alla volontà di superare avverse condizioni logistiche (distanza da Biella, difficoltà nei trasporti ecc.) divennero dei centri di formazione qualificata in grado di “fabbricare” operai e tecnici debitamente preparati. Spesso derivando modalità e metodi da analoghe e precedenti esperienze straniere, sorsero così quelle “scuole interne” che si dimostrarono esperimenti di didattica votata alla pratica dagli esiti lusinghieri.
Non è infine da dimenticare l’aspetto non secondario della divulgazione tecnico-scientifca rielaborata ad uso e consumo dei lavoratori del settore. Pubblicazioni periodiche come L’Operaio – Rivista d’Istruzione tecnica popolare, fondato da Vincenzo Ormezzano con lo scopo di elevare socialmente e moralmente gli operai, o i numerosi contributi pubblicati sul bollettino della Associazione Italiana dell’Industria Laniera ebbero il merito di diffondere conoscenze specifiche e di aggiornare gli operatori del comparto tessile laniero.
Con queste premesse è possibile leggere lo sviluppo dell’istruzione tecnico-professionale nel Biellese percorrendo tre direttrici:
con l’aggiunta di alcuni elementi di corredo utili per una migliore comprensione di un’esperienza straordinaria che in parte è ancora vitale ma che non ha ancora una sua vera e propria storiografia.
Acqua e fabbriche
Dal catalogo della mostra Fabbriche formato cartolina organizzata dal DocBi – Centro Studi Biellesi. Si ringrazia il DocBi. Le strade, carreggiabili e ferrate, aggiungevano nuovi scenari, disegnavano tracce recenti su un territorio già naturalmente inciso dai corsi d’acqua, dai torrenti e dai fiumi, creavano maglie quasi impercettibili nel più vasto disegno del sistema idrico biellese. […] All’acqua, […]