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Occhieppo Superiore e i suoi folloni
Da Rivista Biellese, ottobre 2009.
Ai primi del Settecento nell’elenco dei mercanti e lanieri di Occhieppo Superiore si potevano trovare i seguenti nomi: Gio. Bernardo Vigna e nipoti, Gio. Agostino Bullio, Gio. Antonio Calanzano, Gio. Battista e Antonio cugini Mossa, Gio. Antonio Borsetto, Giovanni e fratelli Salza, Gio. Stefano e Pietro figlio Bullio. Già nel Seicento queste famiglie praticavano la produzione tessile artigianale, che richiedeva macchine elementari per la follatura delle pezze di panni. Mandavano a “follare” i loro tessuti prima presso la ditta Ambrosetti di Sordevolo e più tardi nei folloni di Occhieppo Superiore. […] Il lavoro era eseguito in tre fasi: sgrassatura, follatura nella “pila” con magli di legno e infine la purga con acqua pura. I tessuti erano prima bagnati in una miscela d’acqua e urina e poi pestati con martelli pesanti per un tempo variabile da un quarto d’ora a sei ore.
A Occhieppo Superiore un sistema di follatura è descritto in una perizia del Molino di Sopra datata 1818: la gualchiera detta «follatrice a mazzuoli» era costituita da un «albero ferrato» (un cilindro di legno con asse di ferro) con due «palmole» (camme) che sollevavano alternativamente due magli pesanti per poi ricadere nella «tinozza» (pila) di legno dove era posto il panno da follare. L’albero era messo in moto dall’energia idraulica trasmessa dalla ruota.
di Sylvain Coudray
Il follone Canova
Il 5 novembre 1700 un atto notarile firmato Pietro Benedetto Sacco, giudice del marchese di Gattinara, in presenza di Antonio Tua e Martino Negro (antenato della famiglia Negri) entrambi testimoni e negozianti ad Occhieppo Superiore, regolarizzava la costruzione di un nuovo edificio di follatura, eretto senza l’autorizzazione della Comunità dai signori Del Zocco, Canova e Bullio, mercanti di lana, per la follatura dei panni. La concessione d’uso dell’acqua derivata dalla roggia molinaria esistente fu fatta per 22 anni e mezzo con diritto di riscatto.
[…]
Questo edificio conteneva le gualchiere con i loro martelli di legno e probabilmente un “laboratorio” per la preparazione della lana, per la tintoria e per il lavaggio.
Il matrimonio di un erede Canova con una figlia Del Zocco (bisnonni di Gio. Matteo Negri) nonché la scomparsa della ditta Bullio nel 1800 permisero alla famiglia Canova di mantenere la quota societaria di maggioranza del follone.
Nel 1836 l’edificio faceva parte dell’eredità Vineis-Canova e a quest’epoca fu firmata una promessa di vendita per la metà al prezzo di 1000 lire al genero Gio. Matteo Negri, sposato con una figlia del medico Carlo Benedetto Canova. Quest’ultimo acquistò anche il diritto d’acqua dal signor Salza che affittava già il follone. Fra il 1836 e il 1847 Gio. Matteo Negri fece costruire un nuovo edificio a sud del follone per stabilire reparti di tessitura su tre piani, col progetto di spostare le gualchiere in un altro follone più moderno.
Il follone comunale di Sopra
Il Molino di Sopra era costituito da tre edifici di epoche diverse. Il più vecchio fu probabilmente eretto prima del Seicento come molino di granaglia. Vi fu aggiunto un secondo molino sempre per la granaglia e infine, nella prima metà del Settecento, un follone nel terzo edificio.
Il follone veniva periodicamente messo all’incanto per 3 anni ai fabbricanti e mercanti del luogo, come attestato da un atto comunale del 1818.
Il follone comunale Girelli
Questo follone fu probabilmente costruito nell’Ottocento, vicino al Molino di Sotto. Un disegno dell’edificio con profilo della ruota fu realizzato nel 1847 quando questo follone, allora affidato alla famiglia Girelli, cadde in disuso. Fu poi dato in affitto alla famiglia Mossa, poi subaffittato e infine acquistato da Gio. Matteo Negri. Il salto d’acqua del follone (4,36 metri) era ottenuto a partire dalla roggia superiore dell’ex-follone Canova mentre il salto della fabbrica Negri (6,40 metri) si scaricava nella roggia inferiore con un dislivello di 1,35 metri.
Il follone Girelli fu acquistato all’incanto da Gio. Matteo Negri alcuni mesi prima di morire. I figli Bartolomeo e Calisto ne fecero un edificio industriale nel 1857, mentre l’edificio Canova, sostituita la ruota con una turbina, veniva interamente destinato alla fabbricazione di pannilana.
La trasformazione dell’edificio di follatura è visibile in un disegno del 1881. La scomparsa della ruota e la presenza di un canale sotterraneo fa supporre l’esistenza di una turbina e di gualchiere messe in moto da pulegge. Una rete di canaletti molto complessa permetteva la preparazione e il lavaggio dei pannilana. L’edificio fu demolito nel 1935.
La ditta Negri
I documenti più antichi relativi alla famiglia Negri risalgono al Cinquecento. Si tratta di atti notarili che si riferiscono a Bartolomeo e Gio. Antonio figli di Gio. Antonio Moretto, residenti ad Occhieppo Superiore e già negozianti di drapperia.
Da questa prima testimonianza e dai numerosi documenti notarili ottocenteschi relativi alla famiglia Negri recentemente acquisiti dalla Fondazione Sella può essere ricostruito un albero genealogico approssimativo. Nel 1657 Bartolomeo Alberto Negro ottenne il diritto di costruire una fabbrica ad Occhieppo. Morto ancora giovane il primogenito Gio. Matteo, fu il fratello Gio. Alberto a gestire l’impresa e ad acquistare “pezze” di terreni vicino all’Elvo dalle famiglie Tua, Canova e Bullio […]. In mancanza di figli maschi, la ditta fu trasmessa al nipote Bartolomeo.
Nel 1734, il figlio di Bartolomeo, Gio. Matteo, sposò Maria Anna Margherita Canova, erede Del Zocco, […] acquistando con questo matrimonio parte del follone. […] Da questo momento, Gio. Matteo Negro e il fratello don Gio. Alberto comprarono assieme prati […].
Con lettera di negozio del 1761 Gio. Matteo Negro rimaneva a capo dell’impresa famigliare di stoffa di lana. […] Quest’ultimo morì nel 1770 e l’eredità fu trasferita al primogenito don Gio. Alberto, a Gio. Bartolomeo, il figlio nato da un primo matrimonio, nonché ai 3 altri figli Gioachino, Carlo Antonio e Gio. Battista che presero ormai il cognome Negri (il cospicuo patrimonio sembrava allora concentrato nelle sole mani dell’ecclesiastico). Il primo figlio Gio. Bartolomeo morì nel 1783, cedendo la sua parte a don Gio. Alberto, che nel 1789 concluse la vendita della totalità del patrimonio al nuovo erede Carlo Antonio. Quest’ultimo sarà il padre del fondatore della ragione sociale Negri. Carlo Antonio continuò l’acquisto di terreni attorno alla roggia di Occhieppo Superiore; altrettanto fecero i figli della famiglia materna Canova, che avevano ricevuto il follone in eredità.
Nel 1820 Gio. Matteo Negri, unico discendente di Carlo Antonio, sposò Caterina Canova; circa vent’anni dopo egli acquisì dal suocero, il medico Carlo Benedetto Canova, la fabbrica di follatura. Prese avvio così l’avventura della ditta Negri, risultato di una concentrazione di capitale durata più di duecento anni.
Il merito di Gio. Matteo Negri fu di edificare nel 1838, attorno al follone Canova, una manifattura ancora artigianale ma già provvista di una tintoria e probabilmente di telai a mano, che diventerà dieci anni più tardi un vero opificio industriale. Iniziava così il progressivo trasferimento dell’attività tessile dalle case famigliari verso il “laboratorio tessile” gestito da un padrone che impiegava manodopera. Morto il padre Gio. Matteo nel 1847, alcuni mesi dopo l’acquisto del follone Girelli, la “ragione di commercio” fu gestita dai due figli Bartolomeo (31 anni) e Calisto (22 anni).
Calisto Negri progettò nel 1869 l’ampliamento del salto d’acqua e l’allargamento della fabbrica. Risultava necessaria la costruzione di una nuova derivazione dall’Elvo che fosse in grado di condurre l’acqua con una portata maggiore, raddoppiando l’altezza del salto. Un primo […] prevedeva la creazione di una nuova presa d’acqua più a monte della Lama Valenzino […]. Il progetto di derivazione fu approvato nel 1870 da Quintino Sella.
Ciononostante, il progetto non poté trovare l’appoggio della Comunità, che iniziò una lite destinata a durare una decina d’anni; […]
Nel frattempo (Bartolomeo Negri era stato da pochi mesi eletto nuovamente sindaco di Occhieppo Superiore), furono messi in vendita all’incanto il Molino di Sopra (20 maggio 1881) e, poco dopo, il Molino di Sotto. Fu così favorito il progetto di costruzione della roggia nuova avendo Calisto Negri acquistato i terreni circostanti per 40.000 lire. Mancava allora soltanto l’approvazione de Genio Civile per un nuovo progetto che fu negoziato assieme ai Vigna.
Così, una terza pratica giunse a Novara alla fine del 1881 con un ambizioso progetto di canale di grande portata, circa 500 metri a monte della Lama Valenzino. Questo nuovo tracciato aumentava la forza disponibile per la ditta Negri fino a 36 cavalli con un salto di 27 metri mentre la ditta Vigna perdeva soltanto 70 centimetri d’altezza. Questo progetto […] fu finalmente approvato dal Genio Civile nel giugno 1881. […]
Nel 1880 i Negri costruirono nuovi fabbricati a sud dell’edificio storico Canova per sistemare i telai in una nuova “maglieria”. Si poteva comunicare con il primo edificio grazie ad un ponte-corridoio ancora esistente oggi; la maglieria comunicava dall’altro lato con la “tintoria” […]. Nella “legnaja” si conservava la legna destinata alla tintoria mentre la forza motrice necessaria era ottenuta da una ruota orizzontale chiamata “motore a turbina” e installata in un pozzo dopo il salto d’acqua.
Sul finire dell’Ottocento l’antico edificio Canova venne trasformato in uffici e appartamenti. L’introduzione dell’illuminazione elettrica permise il lavoro notturno. Per quel che riguarda la forza motrice, una nuova turbina con presa d’acqua sotterranea fu sistemata all’interno di un nuovo edificio a due piani, destinato ad accogliere tutto il macchinario di preparazione della lana: cardatrici, pettinatrici e anche nuovi folloni meccanizzati. Fu aggiunta a pianterreno una maglieria dove furono installati telai meccanici classici o di tipo Jacquard. Infine fu sistemata una centrale a vapore con una ciminiera alta 104 metri che segnò il paesaggio di Occhieppo per quasi un secolo.
La ditta operò fino al 1915 senza significative modificazioni. I Negri cercarono di diversificare i loro investimenti al di fuori del lanificio: nelle ferrovie statali, nel canale Cavour del Vercellese e soprattutto nella promettente industria automobilistica.
Ma il futuro della ditta appariva sempre più incerto. Lo scoppio della prima guerra mondiale determinò un crollo della fornitura di materie prime. Nel 1917 la ditta Negri acquistò 180 balle di lana argentina da un importatore di Milano […]. Ma a ricezione della merce, questa era «mancante oltre che scadente, difettosa e molto di minor valore». […] Un’altra disavventura economica era già toccata qualche anno prima agli eredi Negri, che erano tra i fondatori della FIAT di Torino nel 1899. L’impresa fu liquidata dai propri amministratori nel 1906 e ricreata immediatamente dopo con un moltiplicato numero di azioni e un nuovo azionariato. Il 23 giugno 1908, a seguito dell’aumento di capitale, gli amministratori di maggioranza vennero denunciati dal questore di Torino per falso in bilancio. Le manovre fraudolente in borsa avevano turbato il mercato dei valori e arrecato danni rilevanti agli azionisti. La famiglia Negri stimò il danno subìto in circa 250 milioni di lire.
Dopo il 1918 le difficoltà finanziarie conseguenti alla crisi economica post-bellica e probabilmente la vetustà del macchinario di fronte all’elettrificazione provocarono la chiusura dello stabilimento nel 1921 e, nel 1923, la messa in liquidazione della ragione sociale Gio. Matteo Negri. Lo stabilimento, sempre proprietà dei Negri, rimarrà produttivo fino al 1927 e riaprirà poi negli anni Trenta con la ragione sociale “Erminio Torello”.