Il tessile biellese
- 1882: il Biellese tessile alla ricerca del suo mito
- I libretti di lavoro del Lanificio Trabaldo Pietro Togna
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- Patrimonio e paesaggio industriale dalla tutela allo sviluppo
- La lana e le lavorazioni artigianali della lana
- Lavoro minorile nell’industria biellese dal secondo Ottocento al fascismo
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- Il protagonismo femminile nel Biellese: filantropia, lavoro sociale e mutuo soccorso
- Il Biellese nell’Ottocento: dalle comunità rurali alla società di fabbrica
- La nascita della questione operaia nel Biellese e il grande sciopero del 1877
- Il Biellese e i sarti
La lana
Da Fila la lana a cura di Nadia Yedid, Anna Gattiglia e Maurizio Rossi
Avviciniamoci ora alla nostra pecora per osservarne attentamente il mantello. La lana è una fibra tessile naturale ottenuta dalla lavorazione del vello di ovini e caprini.
Dal punto di vista chimico è una fibra proteica costituita principalmente da cheratina (carbonio 50%, ossigeno 22-25%, azoto 16-17%, idrogeno 7%, zolfo 3-4%). Ogni pelo è costituito da un cilindro ricoperto da scaglie sovrapposte, che nelle lane fini sono piccole e fitte. La densità della lana varia a seconda della razza, da 1200 peli per centimetro quadrato nelle lane fini. Le ghiandole sebacee e sudoripare secernono un grasso ceroso tenace (lanolina). La lunghezza delle fibre varia, a seconda della razza della pecora, da 35 sino a 350 millimetri. Le lane più fini sono in genere le più corte. La finezza è la caratteristica più importante della fibra e determina la qualità e il prezzo della lana; essa si misura con il manometro e può variare da 10 micron [1/1000 di millimetro, ndr] (lane merinos) a 150 micron (lane incrociate). Tanto più la fibra presenta ondulazioni fitte e numerose, da 3 a 12 per centimetro, tanto più essa è elastica e pregiata. La lana migliore proviene da animali di due anni, negli animali di oltre cinque anni diventa ruvida. La lana lavata ha colore bianco avorio, più raramente può essere pigmentata in marrone o nero. Sottoposta a calore, la lana non si deteriora sensibilmente, se non verso i 100°C; verso i 150°C libera dei prodotti solforati; a temperature più elevate carbonizza sprigionando odore di corno bruciato.
Il lessico tecnico su questa fibra è ricchissimo. Alcuni esempi: lana di tosa (prelevata dall’animale vivo); di concia (prelevata dall’animale morto); lana madre (proveniente dalla tosatura di pecore adulte e non da agnelli); lana saltata (prelevata da pecore lavate in un corso d’acqua); lana sucida (non lavata, con impurità e grasso)…
La filatura e la tessitura manuali sono due lavorazioni note sin dal neolitico, basti citare qui due reperti diffusissimi nei siti archeologici: la fusaiola, ossia il peso-volano del fuso, […] e il peso da telaio. L’uso della rocca con il fuso è documentato nell’antichità classica. Solo dal XV secolo si diffonde in Europa la filatura con rocca abbinata a fuso ad alette, invenzione di Leonardo da Vinci che consente il passaggio dalla rotazione intermittente a quella continua. Nel meccanismo del filatoio a ruota azionata da pedale tale innovazione entra probabilmente nel corso del XVIII secolo, anche se le origini di questo tipo di filatoio non sono chiare e di certo vi è solo che esso si diffonde nel XIX secolo e viene utilizzato sino verso la metà del secolo successivo. La filatura meccanica di tipo industriale, ha inizio verso la metà del XVIII secolo.
[…]
In generale, in Piemonte la qualità della lana non è delle più pregiate. Tuttavia tale materiale ha avuto sempre una notevole importanza economica nell’ambito della lavorazione domestica, per confezionare tessuti per abbigliamento e l’arredo della casa, prima di essere soppiantata nell’ultimo dopoguerra da tecnofibre più economiche. La tosatura, operazione che consiste nel tagliare il vello delle pecore, avviene in pianura in aprile-luglio e talvolta anche in autunno […]. Un tempo si utilizzavano le «forbici per tondere», ossia le cesoie a molla in acciaio, già note ai romani, che oggi sono soppiantate da macchinette elettriche. […]
Con il vello tosato, separato e distinto secondo la qualità, che varia anche in base alla parte anatomica dell’animale da cui è stato prelevato (le spalle offrono la lana più fine), siamo ora pronti a passare alle operazioni preliminari alla filatura: lavaggio sfioccamento e cardatura.
La lana appena tosata è molto sporca: occorre perciò lavarla, operazione semplice ma lunga. La lana va lasciata a bagno in acqua tiepida per un giorno intero, poi va strofinata bene cambiando l’acqua più volte, va quindi lasciata per un altro giorno in un bagno di acqua tiepida e ammoniaca, risciacquata bene alla fontana con acqua corrente e messa infine ad asciugare su reti per alcuni giorni, rigirandola di tanto in tanto.
Si passa poi a sfioccare, operazione con la quale si riduce la fibra in fiocchi, sfilacciandola. La lana viene aperta con le mani, anche per eliminare le impurità rimaste nonostante i ripetuti lavaggi (paglia, sabbia…).
Si può così procedere a cardare con le carde a mano, una coppia di palette di legno rettangolari di circa 15×30 centimetri, in una delle cui facce sono inserite numerose file di aculei ricurvi in acciaio. Le palette, tenute in mano mediante lunghe impugnature, con le facce ad aculei contrapposte, sono azionate spostandole l’una in direzione opposta all’altra. Con questo movimento, la lana impigliata tra gli aculei viene pettinata, ossia le sue fibre sono progressivamente disposte in un’unica direzione (parallelizzazione). Si ottiene così un velo di ovatta di spessore uniforme che, ripiegato, fornisce strisce, dette fiocchi, lunghe una trentina di centimetri, che possono essere avvolte intorno alla rocca: la lana cardata è ora pronta per la filatura.
Le lavorazioni artigianali della lana
Da Fila la lana a cura di Nadia Yedid, Anna Gattiglia e Maurizio Rossi