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Fate stampigliare le teste dei panni tinti in un buon colore nella testa colle sole parole Fratelli Sella a Torino perchè spiccano assai, e tendono a far conoscere viepiù ns. firma. In eseguir questo fate applicar quelle parole accanto al numero, e poi che non oltrepassi la metà, né si bagni poi più della metà, e così l’altra metà restando intatta ed asciutta serva per campione, e per far esaminare la qualità ai compratori senza essere stata alterata dal mordente o dall’acqua.
Lettera di Pietro Sella ai fratelli, 1820 ca. (Fondazione Sella, Biella)
Che si guardi un campionario del 1820 o di oggi l’impressione che se ne ricava è sempre la stessa, poiché forma e funzione sono rimasti immutati dai tempi di Pietro Sella al 2000: erano e restano dei “libroni” pieni di ritagli di stoffa, ma esistono diversi tipi di campionari con diverse funzioni, che si sono evolute nel tempo.
Nonostante il «mercante imprenditore» medievale si recasse alle fiere con dei ritagli esemplificativi o con vere e proprie pezze raccolti in un “librone”, non si può dire a pieno titolo che esso fosse un vero e proprio campionario. Si può parlare di campionari solo con l’Ottocento e con l’avvio dell’era industriale, che attraverso l’introduzione delle macchine ha permesso la standardizzazione del prodotto e la sua effettiva riproducibilità tecnica.
Esistono diversi tipi di campionari: il campionario tecnico, il campionario commerciale, il bunch, i campionari speciali e i campionari dei semilavorati.
Il campionario tecnico era un documento di uso interno all’azienda che serviva a raccogliere le schede tecnico-produttive di ogni tessuto prodotto dall’azienda. Ne sono un esempio le scampionature che andavano a scomporre analiticamente il tessuto mostrandone anche graficamente l’intreccio o l’armatura, con un’operazione chiamata messa in carta . Questo tipo di campionario testimonia l’effettiva produzione in un dato periodo, indipendentemente da ciò che la clientela ha effettivamente acquistato.
Chiaramente, però, il tipo più conosciuto e diffuso è certamente il campionario commerciale . Esso corrisponde alla descrizione fatta da Pietro Sella e, come ben dimostrato dalla mostra Campioni in stoffa, allestita nel 2011 nell’ambito delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, da 150 anni sono concepiti e realizzati nello stesso identico modo. Le pezze vengono tessute con ogni fantasia creata dal disegnatore e successivamente ogni quadratino di ogni fantasia viene tagliato dalla tagliacampioni, incollato su un foglio di un grosso album, con a fianco riportata la descrizione delle caratteristiche e delle qualità del prodotto. Viene così a crearsi un catalogo dei manufatti dell’azienda ad uso dei clienti che potranno vedere e toccare con mano il prodotto da ordinare.
I bunches non sono veri e propri campionari. Sono delle raccolte di ritagli (10×20 cm circa) rilegati in modo più o meno elegante che i sarti utilizzavano per scegliere le stoffe e farle scegliere ai propri clienti.
I campionari speciali possono essere di varia natura: vi sono i campionari scolastici , che erano prodotti in ambito didattico per la formazione dei tecnici e spesso sono identici ai campionari tecnici effettivamente prodotti dalle fabbriche, a testimoniare lo stretto legame esistente tra istruzione e industria; i campionari privati dei disegnatori, quelli da esposizione realizzati per occasioni particolari, quelli celebrativi di una collaborazione prestigiosa, come quella con un grande stilista.
I campionari dei semilavorati sono prodotti dalle filature o dalle tintorie per mostrare ai clienti la qualità, la consistenza e i colori dei filati prodotti. Naturalmente questi campionari hanno suddivisioni interne in base alle fibre utilizzate (naturali, artificiali, sintetiche e miste) e mostrano risultati cromatici generici o specifici con adeguate campionature.
Ovviamente queste divisioni sono generiche e possono avere molte sottosezioni, come può dimostrare anche uno sguardo superficiale ai campionari contenuti negli archivi delle aziende tessili biellesi, come ad esempio il Lanificio Cerruti o la Filatura e Tessitura di Tollegno.
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