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Da Rivista Biellese, ottobre 2011
Nel corso di milioni di anni le flore e le faune del nostro pianeta si sono evolute e differenziate grazie all’instaurarsi di barriere naturali (oceani, mari, catene montuose, fiumi, ecc.) che hanno favorito l’isolamento delle specie e il loro differenziamento in una moltitudine di comunità animali e vegetali tipiche di particolari regioni o località. Tuttavia, in seguito all’intervento umano molte di queste barriere si sono attenuate o sono scomparse del tutto, favorendo una progressiva omogeneizzazione della biodiversità (Burdick, 2006). Grazie al trasporto aereo e marittimo di merci e persone, molte specie sono trasferite accidentalmente o intenzionalmente da un capo all’altro del globo, a migliaia di chilometri di distanza dai loro habitat naturali. La maggior parte di queste specie alloctone, a causa delle inadeguate condizioni ambientali e/o in seguito alla competizione con altre, si estinguono rapidamente, ma in alcuni casi riescono ad insediarsi e a riprodursi diventando una vera e propria minaccia per la biodiversità autoctona (Massa, 2008). Questi sono i veri e propri “alieni”, ovvero specie che non arrivano da un altro pianeta ma da un altro stato o continente e che possono causare gravi danni alle attività e alla salute dell’uomo, nonché alla flora e alla fauna locale (Massa & Ingegnoli, 1999; Primack & Carotenuto, 2003). Nella sola Unione Europea sono state individuate oltre 10.000 specie alloctone, delle quali 1.094 (11%) causano documentati impatti ecologici e 1.347 (13%) impatti economici.
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L’Italia rientra tra i paesi europei maggiormente colpiti dal fenomeno delle invasioni biologiche.
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E nel Biellese? La situazione nella nostra provincia è particolarmente allarmante. Ormai non si contano quasi più le piante e gli animali, sconosciuti ai nostri nonni, che negli ultimi decenni si sono conquistati un posto di rilievo tra la fauna e la flora autoctone.
Alcune specie aliene sono particolarmente elusive e difficilmente osservabili a causa delle abitudini notturne o per la limitata dimensione, ma altre sono facilmente individuabili.
Non è possibile trattare nello spazio di questo articolo le centinaia di specie che hanno invaso il nostro territorio. Per questa ragione ci soffermeremo su alcuni esempi interessanti e curiosi di introduzione accidentale o intenzionale. Per un approfondimento sulle 100 specie aliene più pericolose si rimanda al sito internet del progetto europeo DAISIE (Delivering Alien Invasive Species In Europe), che ha come obiettivo il censimento di questi taxa (http://www.europe-aliens.org) (DAISIE, 2009).
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Nei primi decenni del ’900 molti agricoltori alessandrini e vercellesi importarono dall’America meridionale un roditore appartenente alla famiglia dei Miocastoridi. Ufficialmente conosciuto come Nutria (Myocastor coypus), è tuttavia maggiormente noto con il termine di castorino (fig. 1). In diverse aree italiane, già nel 1928 comparvero i primi allevamenti finalizzati alla produzione di pellicce molto in voga in passato, soprattutto per il costo modesto rispetto alla più rinomata pelliccia di castoro (Di Domenico, 2008). Questo roditore di grandi dimensioni è tendenzialmente acquatico sebbene abbia l’abitudine di scavare profonde tane sulle rive dei fiumi. A differenza di quanto comunemente si ritiene, non è carnivoro e si nutre esclusivamente di vegetali. Negli anni 1960-70 il mercato delle pellicce di castorino conobbe una forte crisi e pertanto gli allevamenti furono abbandonati e gli animali uccisi o, nel peggiore dei casi, liberati. Da quel momento l’espansione della nutria non conobbe più battute di arresto; essa si diffuse lungo fiumi, canali, risaie, laghi. Colonizzò buona parte del Vercellese e delle aree agricole del Biellese. La sua presenza è disastrosa per l’ambiente, in quanto tende a divorare la vegetazione ripariale lungo fossi e canali, talvolta distrugge le uova di molti uccelli acquatici che nidificano al suolo e soprattutto scava tane lungo gli argini delle risaie compromettendo la tenuta delle stesse. Attualmente questo animale sta risalendo i torrenti delle valli del Biellese; diversi esemplari sono stati avvistati lungo il torrente Cervo nei pressi del Lanificio di Tollegno.
Matteo Negro