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Da La calce a Sostegno: un’altra storia tra i colli del Bramaterra
[di Danilo Craveia, “Eco di Biella”, 15 gennaio 2024]
Alla fine dell’Ottocento ad Asei arrivò l’industria estrattiva
Calce, cavata in loco e cotta nei forni, in almeno tre strutture ancora visibili
L’attività produttiva è cessata nei primi anni Settanta
Grazie al pronto e cortese interessamento di Franco Vercella e di Gianfranco Fasanino, nonchè alla disponibilità del sindaco di Sostegno, Giuseppe Framorando, è stato possibile consultare la documentazione storica dell’archivio comunale alla ricerca di informazioni sulle cave e sulle fornaci attivate dalle parti di Asei. Le vecchie carte – non molte, ma comunque rilevanti, tramandano l’interesse di diverse imprese per le terre ondulate che dividono le baragge dal Sessera. Nei primi anni Sessanta era la barite a essere particolarmente richiesta e a Sostegno, a quanto sembra, non manca. Così come dovrebbero esserci il fluoro, il piombo e lo zinco, soprattutto in località “Bramaterra”. L’ottimo vino viene da terre speciali! Vent’anni prima, la S.A. Manifattura Ceramica Pozzi fece richiesta di concessione mineraria per estrarre caolino e silicati idrati di alluminio. L’abbondanza di tutti quegli elementi (utili per svariati impieghi, dall’edilizia alla radiologia, dall’industria cartaria a quella petrolifera), non è tale da giustificare uno sfruttamento intensivo di quelle terre. Per fortuna. Ma resta un notevole interesse storico-culturale. Perché non pensare a un percorso didattico esplorativo che dalla calce porti alle vigne?
La provinciale che da Villa del Bosco, risalendo il rio Valnava e il rio Merdarello, suo immissario, porta a Sostegno, offre un suggestivo passaggio tra gli antichi colli vitiferi del Biellese più orientale. I due rivi si congiungono appena a nord-est dell’altura di Asei, dove la strada si adatta all’invallamento del terreno con una “S” dolce. In quel tratto si notano ancora i segni di un’attività produttiva non così remota, eppure di fatto in stato di abbandono. Una triplice testimonianza architettonica di un passato fatto di calce, tra cave e fornaci, che rischia di finire sommerso dalla boscaglia e dimenticato. E se le due più a monte, quella alla confluenza dei rivi e quella accanto al cimitero di Asei, si conservano ancora ben visibili, la più a valle, la più vetusta (a quanto pare), delle tre fornaci, è ormai coperta dalla selva. Quest’ultima si trova oltre il Valnava, in territorio di Roasio (quindi in Provincia di Vercelli), ma poco importa: fa (o faceva) parte a buon diritto di quel piccolo “distretto” della calce che ha avuto un certo sviluppo e che merita miglior sorte dell’oblio in cui versa. L’oblio è dovuto anche al fatto che le notizie archivistiche e documentarie disponibili sono davvero molto poche. È questa l’occasione per dar conto di una ricerca in corso, dagli esiti incerti, che vuole però richiamare l’attenzione su un sito di archeologia industriale di indubbio interesse. Che quelle colline siano state e siano ricche di risorse sotterranee è noto da tempo. Che lo sfruttamento di quelle materie prime, con cave e miniere, si sia avviato in epoche remote è altrettanto noto. La cartografia e i riferimenti minerari, almeno dalla prima metà del XIX secolo, attestano una non indifferente concentrazione di pietra argillosa e calcarea dalla quale ricavare laterizi e calce, ma anche barite e caolino. La toponomastica non solo di Sostegno, ma anche di Casa del Bosco, Villa del Bosco, Lozzolo e Roasio informa che le cave e le fornaci erano più d’una in quella zona e che la loro coltivazione e il loro sfruttamento ha una storia da raccontare, senza dimenticare quelle ancora attive e quelle che, almeno in potenza, potrebbero tornare a esserlo. Nell’area di Asei fu la costruzione della strada per Sostegno a portare l’industria estrattiva. La moderna via di comunicazione cambiò le sorti di quel lembo di Biellese che aveva sempre vissuto (e vissuto bene) di agricoltura. Ma il progresso voleva le fabbriche. Le più vicine, ma non così vicine, erano quelle tessili della Valsessera. Si poteva emigrare, e i sostegnesi emigrarono, oppure cercare altre opzioni che non fossero i campi e il bestiame. Le cave e le fornaci da calce non diedero lavoro a tutti, anzi, ma rappresentarono una diversa possibilità e, all’inizio, con l’entusiasmo che, alla fine dell’Ottocento, suscitava qualsivoglia intrapresa, furono salutate come il nuovo cammino da seguire verso un radioso futuro di ciminiere fumanti. Il progetto della strada era stato compilato dall’ingegner Faccio e realizzato dall’Impresa Maggia di Sordevolo nel 1875-1876. Su “L’Eco dell’Industria – Gazzetta Biellese” del 29 agosto 1875 si legge: “questi paesi nulla più avranno ad invidiare a quelli meglio forniti di strade; e l’incremento delle industrie e dei commerci sarà il premio ambito dai loro sforzi e sacrifizi non comuni”. Tre anni più tardi, con la strada ormai in pieno esercizio, ecco la prima notizia di una fornace.
Ancora una volta fu “L’Eco dell’Industria” a darne riscontro, il 23 maggio 1878. “In territorio di Sostegno e precisamente in vicinanza di Casa del Bosco venivano, nella settimana scorsa, messi in attività, con esito assai felice, forni calcarei a fuoco continuo. Disposti ad applaudire sempre dove vi è progresso, noi esterniamo perciò le nostre più sincere lodi alla costituita società Buratti, Calderini e cugini Cuniberti, che seppe scoprire una delle migliori cave calcaree, e che coi forni a nuovo sistema porta in quei paesi aumento di lavoro e maggiore attività commerciale. Crediamo anche, di far cosa ben grata ai signori ingegneri, geometri, impresari e capi mastri loro segnalando questo nuovo stabilimento calcareo testé eretto sui confini del nostro circondario. La calce esce dal forno perfettamente cotta, fa ottima presa e viene impiegata nelle costruzioni colla massima economia crescendo di volume in misura del 180%”. Doveva trattarsi della fornace a due torri che si intuisce sulla sponda roasiese del Valnava in mezzo al folto degli arbusti e dei rampicanti. Poco più a monte si intravede ancora anche la cava. La società imprenditrice, che aveva in Biella un grande deposito commerciale, non ebbe fortuna. E più ancora fu sfortunato il socio Egidio Calderini, che morirà nella primavera del 1900 sul Rio delle Amazzoni, dove voleva esportare il cemento armato.
Non è chiaro quanto quello stabilimento rimase in funzione. Per alcuni anni, forse, ma i due forni sono freddi da molto tempo. Intanto, nel 1882, quando a Biella fu organizzata la “Esposizione Generale dei Prodotti Biellesi”, si parlò delle colline di Castelletto Villa e di Sostegno come di giacimenti calcarei cospicui ancora da scoprire. Ai primi di marzo si scrisse sui giornali che “il forno calcareo, proprietà del sig. Useglio Giuseppe, a fuoco continuo ed a sistema Luigi Bernasconi, funziona assai bene. Si estrae abbondante ed ottima calce”. La fornace Useglio era ubicata in Castelletto Villa. Nel 1883, lo stesso Useglio aveva ampliato la sua attività con un nuovo forno capace di produrre calce di ottima qualità. Nel 1884 un’altra fornace compare sulla scena. La si scopre grazie a un’inserzione pubblicitaria apparsa su “L’Eco dell’Industria” del 20 gennaio: “Trovasi da vendere in Villa del Bosco, poco lungi dalla frazione Berrone, ove passa la nuova strada che dalla Nazionale Svizzera presso Roasio tende a Sostegno e Crevacuore, un forno da calce con cave di pietra da calce dolce e forte e da cemento all’intorno, della superficie di are 134 circa. Il luogo trovasi adatto anche per l’Impianto di più forni, tanto a vecchio che a nuovo sistema, ed il sasso che copre tutta detta superficie, oltre di essere della migliore qualità è anche di facile scavo e trasporto. Per le condizioni e trattative rivolgersi ai proprietari F.lli e Nipoti Avondo Bodina in Ferracano (Frazione di Villa del Bosco) od al sig. Fileppi geometra a Roasio”.
La fornace accanto al cimitero è “datata” 1894, almeno per quanto riguarda la ciminiera. Si tratta di quella gestita dalla famiglia di Giuseppe Tosetti.
Quell’impianto fu funestato da un incidente mortale nel 1938. Una mina esplose prima del tempo nella cava e si portò via il giovane Duilio Tosetti, figlio ventiquattrenne del titolare. La sua tomba è all’esterno del camposanto.
Giuseppe Tosetti aveva ottenuto il permesso di aprire una cava in regione Vascura nel 1925: si dovrebbe trattare di quella a destra della strada che tende a Sostegno, nei pressi del bivio per Asei. Le due cave e fornaci poste più a monte, verso Sostegno, furono attive ancora fino agli anni Sessanta del Novecento. Nel 1969 erano in esercizio intestate alle ditte Achino e Abbondi (quella in località Borunco già gestita dai Tosetti fino al 1951), e Fornace di Asei di Micheletti Adriano. Alla fine dell’Ottocento le fornaci avevano dato una speranza, soprattutto alla gente di Asei. Nel 1895 (“La Tribuna Biellese” del 25 aprile) si celebrava il progresso in arrivo. “Ora è una scuola che viene eretta in corpo morale col plauso delle autorità scolastiche e di immenso interesse delle famiglie; ora è un cimitero che si erige maestoso con monumenti degni dei migliori; ora è un forno da calce che dà lavoro continuo a parecchie dozzine di operai…”. Settant’anni dopo quel progresso si era arrestato e oggi sono i ruderi di quelle fornaci “in elevato” (in gergo tecnico si chiamano così) le sole voci capaci di raccontare quelle vicende. Qualche anno fa altre voci si sono sparse tra gli antichi colli vitiferi del Biellese più orientale: riaprire le cave (almeno quella alla confluenza tra il Merdarello e il Valnava). Dal 2011 si erano fatte ipotesi, prospettate possibilità, avviate le pratiche, ma nel giro di un lustro, anche in ragione dell’opposizione della popolazione locale, la riapertura è stata fermata. Si sarebbe trattato della sola cava, e non della fornace, ma i tempi erano cambiati. Un secolo prima quell’idea avrebbe dato speranza, nel Terzo millennio rappresentava un problema, soprattutto in termini di rispetto dell’ambiente. Ma questo non muta la situazione: occorre salvare la memoria di quella particolare realtà produttiva.